A cura di Gioacchino la Greca
Canestra
di frutta
(1599)
Olio
su tela 31x47
Pinacoteca
Ambrosiana di Milano
di
Michelangelo Merisi da Caravaggio
(1571-1610)
Una delle opere giovanili
del Merisi, che però segna un punto importante di
partenza dell'arte del Seicento, con una raffigurazione dal vero naturale di
una natura morta, in cui già i fiamminghi erano maestri e che in Italia
vedeva l'uso di essa non in modo indipendente ma come ornato. Infatti era uso
far bella pittura di foglie e frutta per decorazioni parietali, ma mai come
soggetto indipendente in un quadro. Per Caravaggio
la natura morta ha la stessa dignità e valore della pittura d'azione
figurativa, in cui la vita e la morte delle foglie o dei frutti ha la
medesima cadenza e forma espressiva. Nell’opera che fa bella mostra di sè all'Ambrosiana di Milano, che apparteneva al Cardinal Borromeo che la diede in lascito testamentario, tutto è
giocato sulla perizia pittorica che si snoda nei minimi particolari tra il
groviglio di foglie e frutti dentro la canestra. Tale contenitore gioca con
la prospettiva, poggiando sul bordo e sporgendo da esso, all'altezza
dell'occhio dello spettatore, che così può gustare visivamente la doratura
dell'uva che vira al giallastro brunato dal sole,
al rosso della mela, che come tanti umani può essere attraente fuori ma
marcia dentro, all'avvizzite foglie ormai che hanno dato il meglio di loro
stesse alla protezione di un frutto ormai troppo maturo e che ne fa un ornamento
avvizzito. Da questa "Canestra" in poi il genere pittura morta sarà
non più negletto ma assumerà piena cittadinanza nell'espressione artistica
dei secoli a venire |
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Indirizzo immagine:
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