A cura di Gioacchino la Greca

 

 

 

 

 

Sacra Famiglia con Santa Elisabetta e San Giovannino

 

1524 ca.

 

 

 

di Benvenuto Tisi (il Garofalo) (1481 ca.–1559)


 

 

 

 

 

 

C'è molta scuola del fine quattrocento in questa narrazione sacra. Il pittore conosce bene i grandi della pittura del XV e XVI secolo e ne riporta colori e figure nella sua opera. S. Elisabetta per esempio richiama molto la vecchia grifagna simile a tante figure di Mantegna. Il paesaggio è molto leonardesco, con gli sfumati atmosferici che avvolgono di velata malinconia le acque tranquille e i monti lontani, mentre alle spalle dei personaggi una lussureggiante vegetazione sembra risentire di una imminente rinascita. Sulla destra un piccolo personaggio inginocchiato, braccia levate opposte al santuario imponente sembra approvare ciò che noi vediamo: è il bambino il miracolo vivente, non certo le mura della chiesa. La figura centrale della Madonna mostra un volto raffaellesco, in una posa michelangiolesca, piramidale a riempire il centro della scena. Da un'ara antica o sarcofago di chiara impronta classica emerge e zampilla acqua viva, quella di cui sarà datore il bimbo fatto Uomo. I due vegliardi Elisabetta e Giuseppe rappresentano l'antica alleanza, il popolo di Israele fedele alla legge, di cui il Battista sarà "il più grande tra i figli di donna", colui che deve lasciare il passo al nuovo, rappresentato da Gesù che viene al mondo dal piccolo resto del popolo di Israele fedele a Dio, raffigurato in Maria. E così i due bambini quasi coetanei vivono separati la loro vita, per avere una sorte comune nella morte: entrambi voci profetiche schierate contro il potere che opprime verranno messi a morte dal tiranno politico e religioso dell'epoca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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