A cura di Gioacchino la Greca
Conversione
di Matteo
(1599-1600)
Olio
su tela (322 x 340)
San
Luigi dei Francesi
di
Michelangelo Merisi da Caravaggio
(1671-1611)
A S. Luigi dei Francesi, in fondo sulla
sinistra dall'entrata principale, nella cappella che è del Contarelli, già cardinale, tre tele bellissime, intense,
emotivamente ricche di pathos, richiamano a sè
frotte di milioni di visitatori. È la trilogia di S. Matteo, la Conversione,
Matteo evangelista e il Martirio. Esaminiamo la prima delle opere che messa
nella parete di sinistra, dal vivo non permette di apprezzare, dall'angusta
posizione laterale in cui l'astante mira l'opera, la completa
rappresentazione psicologica dello svolgersi dell'azione. Il Merisi ebbe con queste opere la prima commissione
pubblica, strappandola al Cavalier D'Arpino, suo rivale, per merito del suo grande estimatore
e "sfruttatore" cardinal Del Monte. Doveva perciò attenersi alle
indicazioni testamentarie del lascito del cardinale Contarellli,
seguire quelle e trarne il capolavoro. Poiché il genio con conosce ostacoli e
limiti, il Caravaggio risolse l'incontro tra una
Bettola e la strada, facendo avvenire tutto ciò appena dentro uno stanzone,
in cui attorno ad un sordido tavolaccio, dal contenuto ancor più sordido,
siedono cinque personaggi, modernamente vestiti, intenti alla conta dello
"scippo" autorizzato dalla legge. Sul banco degli esattori stanno
registri, calamaio, e monete ora da contare, ora già conservate. La scena
tranquilla degli strozzini intenti al loro lavoro viene bruscamente interrotta
dal farsi in su la soglia della figura ieratica di Cristo che con perentorio
gesto dello stesso dito col quale l'altro Michelangelo dipinse la "sveglia"
di Adamo alla Sistina, sembra chiamare a sè,
svegliandone la coscienza addormentata, il pubblicano Matteo. Il quale, in
piena corrispondenza di sentimenti, avverte il "fremito" dentro che
lo chiama a un più alto compito, che non sia quello di lucrare sulle imposte,
e interrogante e stupìto di tale chiamata, guarda
l'uomo sulla porta chiedendo se è proprio lui il "prescelto". Tutta
l'azione è resa unica dal fascio di luce innaturale che illumina la scena:
non luce che entra dalla finestra, né dalla porta, ma segue il gesto del
Cristo portando con sè la chiamata della grazia,
che spinge Matteo ad elevarsi al di sopra degli affanni terreni, cui gli
altri sono intenti. Accanto al Cristo, l'apostolo scalzo con abiti "antichi",
il Cristo con sottile filo aureolare sul capo, quasi impercettibile presenza
del divino, che quando agisce nel cuore degli uomini lo fa con
discrezionalità dirompente, come goccia che apre una grande falla in una
solida diga. Il cardinale Contarelli avrebbe di
cosa essere grato al Caravaggio per questo dono immortale,
che neanche la sua porpora avrebbe potuto assicurargli. |
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