A cura di Gioacchino la Greca
Martirio di San Bartolomeo
(1722)
Olio su tela (167x139)
Chiesa di San Stae,
Venezia
di Giambattista Tiepolo (1696-1770)
ll
Tiepolo dipinse questa opera per la chiesa di San Stae a Venezia, in cui doveva comparire assieme ad altre
tele su episodi delle vite degli Apostoli. Il maestro veneziano,
grande dipintore di affreschi in scene mitologiche e storiche, che esaltavano
la grandezza della Serenissima Repubblica, si cimenta così nell’arte
pittorica del soggetto religioso. Nella Venezia cattolica del tempo, che
spesso entrava in conflitto coi papi, i temi a
carattere religioso erano necessari per entrare nelle grazie della chiesa e
dei committenti dei vari ordini che dominavano le chiese locali. Il Tiepolo, dimostrando
di aver bene compreso la lezione drammatica della grande pittura del
Tintoretto, dipinge una grande figura di martire, illuminato in diagonale da
un fascio di luce soprannaturale, che sembra uscire dal suo costato sinistro,
e che fa unico corpo col braccio sinistro teso quasi
a invocare la mano divina dall’alto, che dovrà sollevarlo a sé. Lo sguardo
duro e fermo del carnefice che lo abbraccia, contrasta con lo sguardo
speranzoso del santo: l’arma impugnata è pronta al lavoro, dopo che il tatto
delle mani del giovane boia che lo sorregge sembra aver tastato la morbidezza
delle carni che fra poco verranno incise e scuoiate. Il santo invece apre le
sue braccia che sembrano disegnare una croce, quella che dà speranza alla sua
atroce fine e che contrasta con la durezza dell’animo impressa nello sguardo
del boia che fra poco farà il suo degno lavoro. I corpi scultorei
e ben messi in mostra illuminati di scorcio si rifanno a quelli delle opere
della Scuola Grande di S. Rocco ove domina il Tintoretto. Adesso Venezia ha
trovato un grande regista per affrescare la sua storia che nei grandi palazzi
vedranno dei e regine dominare la scena dell’arte
della Serenissima e dei trionfi. |
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