FILOSOFIA
La lezione di umanità
in una società di frontiera Una ricerca sulla filosofia canadese di Rita Melillo |
1. Nella sua ultima opera (Ka-Kanata.
Pluralismo filosofico, Avellino, Pro-Press, voll. I e II, 1990 e 1993),
Rita Melillo espone i risultati di un’articolata
indagine sulla situazione della filosofia in Canada, che si è trasformata nel
corso della sua realizzazione "in un vero e proprio studio della filosofia
canadese e della sua storia" (I,18) divenendo
"un ponte gettato" tra due mondi, "quello italiano e quello
canadese" (II, 6).
Questo interessante lavoro ha la matrice in un sotterraneo
percorso che, partendo da una classe elementare di quel paese dove una ragazzina
emigrante aveva trovato una unità nonostante la
diversità, giunge ai maturi interessi della studiosa dell’Università di Napoli
tesi a "capire in che misura la ricchezza e la varietà delle culture di
diversi gruppi etnici possa influire sugli studi filosofici" (I, 18).
Distribuita nei due volumi, ciascuno diviso in due parti
complementari - un agile quadro della situazione storico-socio-culturale del
Canada ed un nutrito numero di interviste a studiosi
di filosofia delle università canadesi - , la ricerca indaga, su tutta la vasta
aera di quel paese, una dinamica di notevole interesse
in cui la filosofia ha un ruolo preminente. Ne emerge
il profilo di "una formula di convivenza unica al mondo", "un
sogno di libertà di indipendenza e di pluralismo", "un messaggio di
unità nella diversità delle culture" (I, 48) in un "mondo culturale
in piena effervescenza" (II, 5).
Per ben precise e favorevoli circostanze storiche nelle ampie
zone canadesi, aperte alle sconfinate regioni artiche e agli altrettanti
immensi paesaggi nordamericani, l’ambiente è diventato un crogiolo dove la
condensazione di elementi vitali di diverse etnie ha
reso possibile un salto trans-culturale che pone
quella società - "una comunità di comunità" (II, 11) - in una
posizione di frontiera. Ci troviamo di fronte ad una realtà
di tipo nuovo, libera dalle certezze demagogiche delle ideologie, aperta
alla circolazione delle idee, tollerante di tutte le differenze. Anzi proprio
le "differenze" furono il "perno dell’esistenza stessa del
Canada" in quanto fu per la loro salvaguardia che
"i Padri della Confederazione unirono le varie province nel 1867 per
impedire che potessero ad una ad una cadere vittime dell’allora nascente
imperialismo americano". Ed ora sono le
"differenze" a costituire "l’unicità" e la
"ricchezza" del Paese e la ragione del suo "altissimo grado di
democrazia" (II, 11).
Nel campo degli studi in questa fermentazione "della più
varia e ricca umanità sparsa per il mondo" (II, 51) è possibile attuare da
parte degli studiosi quella convergenza che porta a "superare le barriere
della propria disciplina per collaborare nella maniera più proficua per
l’avanzamento dell’umanità" (I, 61) e nella vita
pratica è possibile pervenire ad una generale mancanza di antagonismo cioè a
quella salutare tendenza a conciliare diverse esigenze, pur rispettando
l’autonomia di ciascuno, che genera un clima di vitale solidarietà. Una
comunità insomma quella canadese per la quale si può parlare di "grande lezione di umanità" come recita l’epilogo in
quarta di copertina del primo volume.
Questa democrazia del pensiero è fecondata dalla
filosofia vichianamente intesa come razionalità
creativa operante nella storia; etica applicata che innerva di sé le
professioni, il commercio, l’ambiente; e pedagogia tesa alla formazione di un
soggetto attivo e autonomo che ha coscienza di sé e degli altri. Il fine di questa
"filosofia" è un "uomo nuovo", persona che si nutre
dell’ambiente - il salutare "bagno del contingente" - che è sostenuto
dall’uso libero dello spirito critico e che riceve dalle "differenze"
"uno stimolo insostituibile di crescita culturale, la ’croiss fertilization’"
(II, 13).
Un esito dunque di umanità viva in un
mondo postindustriale che richiama l’accorato appello lanciato nel lontano 1986
da Giuseppe Acone a quella razionalità umana,
globale, etica che salva l’uomo dall’annientamento.
Questa possibilità a noi sembra configurarsi nella realtà di cui
stiamo parlando nella quale è comunque chiaro
l’influsso del tomismo di J. Maritain, il filosofo
francese che dal collegio di Toronto irrorava quel pluralismo con la visione
integrale del suo umanesimo personalistico.
2. Vale la pena, seguendo
La filosofia in Canada viene, dietro i Gesuiti, come strumento
dottrinale, "ancella della teologia". Solo in seguito all’occupazione
inglese, influenzata dalla mentalità pragmatista anglo-americana, entra a far
parte della vita attiva: "viene fatta nelle
piazze, nelle strade, nei circoli", diventa cioè "un patrimonio di
tutti" (I, 17-18), senz’altro lucida espressione di una sana volontà di
rompere gli argini del dogmatismo e crescere sicuri sulle onde de pensiero
critico. "Révolution tranquille" ma non silenziosa anzi
masmediale ce ha permesso
"di crescere al punto di coinvolgere tutte le componenti sociali"
attuando "una secolarizzazione completa". Insomma si è realizzata una
filosofia "applicata ai vari settori dell’attività umana" non priva
però di ascendenze tomistiche (II, 17-18).
Protagonista di questa trasformazione è la borghesia del lavoro,
elemento sociale forte, polo coagulante l’asse politica-cultura-economia. Gli esiti sono due un
progetto pedagogico che invade tutta la società. La stessa filosofia, libera
dalle mollezze degli sterili dibattiti gesuitici, si sostanzia di uin nerbo che la mette in grado
di affrontare il compito di filosofia pratica. Anzi in questo nuovo ambiente il
cartesianesimo, l’Illuminismo e lo stesso
aristotelismo-tomismo producono una scioltezza razionale non conosciuta in
Europa. Si assiste insomma ad una specie di disvelamento
della ragione che si libera da ogni connotazione dogmatica, si apre alle
dimensioni del dialogo, s’irrobustisce del senso del reale permettendo il
libero sviluppo di quella capacità costruttiva tutta umana, la creatività, su
cui poggia il progresso dell’uomo.
Per approfondire l’interessante rapporto filosofia-realtà c’è una ben precisa domanda posta ai filosofi intervistati (Pensa
che la filosofia sia integrata con la realtà quotidiana o potrebbe ottenere una
posizione migliore? Cosa ritiene necessario per raggiungere
lo scopo?).
Pur lamentando una non completa integrazione - esiste infatti anche la filosofia accademica - gli studiosi
conferma un’ampia presenza della filosofia nella vita, vista la prima come
fondamento della seconda e ritenendo tale rapporto come "scopo
originario" della stessa filosofia ed anche come un suo diritto. In
particolare Linda Fisher afferma che è
"fondamentale conservare il senso pratico della filosofia" e che i
filosofi non debbono dimenticare "il significato
di ciò che fanno nell’ambito del contesto umano e sociale" "se
vogliono cambiare il mondo" conclude (I, 108). Dall’intervista emerge che
esiste "una vasta opera di diffusione della filosofia a livelli non
specialistici", che soprattutto gli studiosi di influenza
anglo-americana si battono profondamente per far sì che "la filosofia diventi
un impegno quotidiano", e che "sono sempre più numerosi i filosofi
che prendono posizione riguardo ai problemi civici attraverso i
mass-media".
Il mondo massmediale si rivela quello
più idoneo per accrescere i contatti della filosofia col pubblico comune
insieme ad un’altra via molto praticata, lo sport. Il
filosofo in sostanza, come un avvocato o un medico offre i suoi servigi alla
comunità tramite corsi e consulenze o contatti vari favoriti dalla stessa
università.
La filosofia dunque istituzionalmente incide sulla
formazione non solo degli studiosi quanto di un pubblico più vasto
creando una mentalità filosofica intorno a problematiche come l’etica
commerciale", "l’etica biomedica",
"la politica pubblica", "la donna", "i diritti
sociali", "l’ambiente" ma anche la busines
ethics e la decision
markers. i filosofi
sono presenti là dove si prendono grosse decisioni e partecipano al dibattito
istituzionale. E’ nata così la filosofia pratica", una vera e propria
disciplina, chiamata "pensiero critico" (I, 154).
Tutto ciò senza nulla derogare dallo specifico compito
di chiarezza di pensiero, senza infondere false speranze oppure sfociare nel
tecnicismo. la conseguenza è che la società canadese,
società del benessere, si staglia su di uno sfondo sostanzialmente teleologico.
3. La filosofia entra dunque prepotentemente nel programma
sociale di questa Confederazione e lo fa con l'etica non la "obsolenta" etica tradizionale né quella kantiana, ma
un'etica che considera l'uomo "per quello, che è in sé
stesso" e nel rapporto con gli altri, attraverso la quale il pluralismo
canadese riesce ad acquistare forme sempre più piene ed armoniose.
"Siamo consapevoli dei valori interculturali che abbiamo e
dei quali cerchiamo di fare tesoro" dice il direttore del Centre Applied Ethics, Michael Mc Donald. E prosegue: "Il
mio sforzo è di studiare la relazione dei valori di una cultura su di un’altra,
[...] dobbiamo sforzarci di
trovare un punto d’incontro per giungere ad una comune visione delle cose"
che "non deve mai sommergere la differenza delle varie tradizioni da cui
proveniamo [...]. Io personalmente sono impegnato in questa sorta di salvaguardia delle differenze" (11, 192-193). Roger Shiner aggiunge: "Gli
studenti che vengono all’università hanno ancora i loro orizzonti etici molto
limitati, sono ovviamente legati a ciò che è stato loro trasmesso dalla
comunità dalla quale provengono. È molto importante pertanto allargare i loro
orizzonti abituandoli [...] ad
allargare le prospettive [...] poiché in tal modo si
rende possibile alle persone di entrare in relazione l’una con l’altra, e di
essere membri migliori della società" (11, 230).
Gli intervistati (Cosa pensa del
problema morale?) si mostrano vivamente interessati a questo che è il campo
eletto per realizzare il connubio tra filosofia e realtà, un campo reso
problematico dai cruciali e non più procrastinabili problemi di oggi.
"Sono convinto che l’etica sia il modo migliore in cui la
filosofia possa dare il suo contributo alla società" dice Esteva Morera, studioso di Gramsci (II, 264), né gli altri disconoscono il ruolo
importante dell’etica nella vita dell’uomo e della società, provenendo solo da essa la presenza dei valori nel divenire storico.
C’è chi approfondendo collega la necessità dell’etica alla
situazione venutasi a creare con la fine del pericolo comunista che ha reso la
morale capitalista più libera di creare storture (II,
67), chi alla modernità che tende a separare la moralità dalle attività
dell’uomo (II, 71) o al fatto che "la gente non si pone più interrogativi
morali" (II, 159), chi accenna alla società del consumo dove l’individuo è
"impotente" dominato dalle "strutture economiche", dalle
"compagini politiche" che "riducono a zero il margine di libertà
individuale" (II, 147).
A questa situazione e a questa esigenza tutti riconducono il
"revival" dell’etica in Canada che si concretizza in una specificità
canadese e cioè nei corsi di etica che, potenziati e
moltiplicati negli ultimi anni, vanno dalla bioetica, alla politica, all’etica
commerciale ed in genere a tutti i problemi sollevati dal progresso tecnologico
anche a quelli che l’uomo può incontrare nella vita di ogni giorno.
Vero è che in una società avanzata e realmente democratica com’è
quella pluralista canadese il compito dell’etica diventa più difficile per la
diversità delle risposte da dare perciò l’impegno morale è considerato: una
"sfida" per la costruzione di un umanesimo di tipo diverso.
Tra le esigenze più sentite c’è, come dice Laskey,
impegnato in studi sull’empatia, la necessità di "percepire le differenze
individuali" (I, 133). Ecco
quanto in proposito afferma Venant Cauchy: "La fondamentale interrogazione etica riguarda
l’alterità, il riconoscimento dell’altro come altro e
non semplicemente come una riflessione dei miei propri bisogni. E credo
che se tale riconoscimento venisse pienamente
applicato negli affari umani i problemi dell’umanità sarebbero risolti"
(I, 89). Vogliamo infine citare Bazán il quale vede
"nel riconoscimento della persona umana come fondazione di tutti i
valori" la base su cui operare (I,10, 2), e
vogliamo sottolineare ciò che per Stanley French è essenziale: "Formare degli individui che
siano moralmente consapevoli, che abbiano cura, che trattino tutti gli esseri
umani come persone" (I, 146), perché entrambi confermano che il problema
centrale di una società che costruisce se stessa è quello pedagogico ed
indicano il fondamento dell’uno e dell’altra; infatti solo l’uomo inteso come
persona può essere l’elemento fecondante di una società pluralista e
tecnologica.
Non inopportunamente una delle domande dell’intervista riguarda
proprio questo argomento - Cosa, secondo
Lei, caratterizza in maniera definitoria (differenza
specifica) l’essere umano? - rispondendo alla quale i filosofi hanno
tracciato la complessa poliedricità di questo
prodotto che si auto-determina mediante una
razionalità che va al di là della comprensione delle cose, verso l’altro, che
cioè predilige quella relazione che permette l’unica convergenza possibile nel
pluralismo e che è tesa al raggiungimento del bene comune, poggia sull’amicizia
e sull’amore. Tutte le altre definizioni dell’essere umano che abbiamo trovato
nelle risposte: colui che ha coscienza di sé e del
proprio destino, che crea, che interroga se stesso e le cose ma tiene conto
anche dell’irrazionale, che dà senso alla vita, ha humor,
memoria, responsabilità, usa il linguaggio, è in grado di gestire delle regole,
fino alla suggestiva ma limitante determinazione di "nicchia
ecologica", tutte queste definizioni sottintendono la qualifica dominante
di cui dicevamo e cioè la razionalità, quell’attribuzione
che rende l’uomo soggetto e oggetto di filosofia. Tale umano percorso che nella
filosofia sembra tornare su se stesso non è però un
cerchio che si chiude come il tragitto della necessità, bensì é l’apertura a
tutte le possibilità dell’attuazione umana e conferma che quello pedagogico
deve essere il progetto principale di ogni società.
4 . Teorico di questa filosofia applicata che ha come tratto
comune la "dimensione etica" è G. S. Brett
che l’aprì al fecondo campo delle scienze dando un sostanziale incremento al
futuro impegno dei filosofi canadesi a "risolvere i problemi sociali"
e contribuendo a formare un "fertile terreno" per la filosofia
positivista che veniva dall’Europa mentre il tomismo che, all’inizio del
secolo, quando il Canada si avviava verso una rapida evoluzione industriale, fu
innovativamente attivo sotto la guida di Etienne Gilson, le assicurava
esiti meno materialistici rivolgendosi anch’esso a quella parte della filosofia
che Aristotele e S. Tommaso avevano chiamato "pratica".
Inoltre la filosofia acquistava forme sempre meno antinomiche come l’idealismo oggettivo di Watson o la "filosofia equilibrata" di Lodge, lo studioso canadese che vede
nel filosofo "colui che è in grado di operare la fusione di tendenze anche
contrastanti" (I, 39-41). Questa connotazione è permessa, dice
Per approfondire questo aspetto della
filosofia canadese ci vengono incontro le risposte degli studiosi (Le
tendenze al materialismo sono più vive di quelle all'idealismo o come sta la
situazione?) che delineano una società senz’altro impregnata di
materialismo, sostanziata di filosofia analitica e di filosofia della scienza,
di linguistica e di epistemologia, ma che ha vive anche le tendenze
all’idealismo. Insomma. per motivi di formazione
culturale gli studiosi tengono in vita ed operanti tutte e due le tendenze,
(II, 138) anzi, dice David Norton, "stiamo
cercando di prendere le distanze sia dal materialismo che dall’idealismo per
assumere un atteggiamento più equilibrato, che è di considerarli entrambi
importanti" (II, 157). "Le due posizioni comunque
non somigliano più alle tradizioni da cui hanno preso origine, bensì sono
diretta espressione della comunità attuale" (II, 182) conferma Harris, un hegeliano che sente molto il legame con la
comunità nella quale vive (11,32).
In sostanza mancando l’opposizione caratteristica del mondo
europeo i due termini acquistano significati più sfumati e comunque
nessuna delle due tendenze assume caratteri assoluti essendo viste entrambe
come approcci alla realtà. "Vi sono presupposti materialistici in molte
forme di filosofia analitica e molti idealistici nella fenomenologia e
nell’ermeneutica", spiega Bernardo Carlos Bazán (I,
101) e aggiunge Gray: "La metafisica è
fatta con molti altri strumenti, diversi da quelli dell’idealismo. Le categorie
dell’idealismo assoluto non sono più le medesime: oggi abbiamo l’analisi del
linguaggio, la semantica, la filosofia della scienza. Vi è, contrariamente a
quanto comunemente si crede, molta metafisica" (I, 149-150).
Date queste caratteristiche di apertura,
integrazione e pluralismo della filosofia,
Dice Cunningharn: "Il Canada è un
paese basato sulla diversità (un’incredibile diversità) soprattutto nel confronti dei paesi di lingua francese o inglese, e
pertanto abbiamo due tradizioni radicalmente differenti" e continua
"bisogna scavare a fondo tra i vari strati per trovare qualcosa di
veramente e unicamente canadese" (II, 74-75). Gli fa eco Lamonde che, affermando che "è fuori dubbio che c’è un
contributo originale canadese in svariate forme della filosofia
internazionale", preferisce parlare di "visione canadese della
realtà" il che implica un insieme di valori culturali propri (I, 128).
Tra questi un elemento fondante e fecondante è la
"straordinaria capacità di tolleranza" per cui
"possono, operare nello stesso territorio tendenze spirituali differenti
da essere in alcuni casi addirittura opposte, e tuttavia riuscire a trovare un
punto di comunicazione nel dialogo" (I, 64-65), il che genera quella
cooperazione di cui dicevamo nel tratto iniziale di questo articolo.
Si è creata insomma in questo paese una dimensione da
"piccolo mondo" in cui confluiscono insieme alla preminente componente inglese e francese e ad ascendenze tedesche e
italiane una grande varietà di correnti di pensiero non In opposizione tra loro
che rendono quella filosofia veramente internazionale.
È inevitabile a questo punto porsi qualche interrogativo sul
futuro della filosofia canadese, il quale anche se
angustiato dalle tendenze separatiste del Quebec, che metterebbero in pericolo
l'attuale fisionomia, è sostenuto dall’entusiasmo e dall’impegno dei filosofi
in un importante programma nazionale per rendere sempre più razionale
l’interazione tra le varie realtà. Gli intervistati (Può prevedere un futuro
per la filosofia in Canada?) vedono nel futuro la filosofia sempre più
rivolta ai problemi concreti, tesa a dare il suo sostegno a molte discipline,
protagonista di una sintesi sempre più completa dei vari punti di vista e
vedono ancora più diffuso il suo impegno nella formazione dei giovani sempre
più interessati alla filosofia confermando che il futuro della filosofia in Canada può identificarsi con quello del paese.
"È molto significativo, dice Cunningham, aver ottenuto un notevole appoggio popolare
nonostante la recessione economica per l’introduzione della filosofia tra le
materie di studio in tutte le scuole superiori", il fatto è che "la
gente avverte la necessità che le giovani generazioni siano educate nel
pensiero critico (critical thinking)
[…]. Nel mondo postmoderno nel quale viviamo la gente sente il
bisogno di avere delle visioni articolate, di guadagnare delle previsioni (overviews), di cercare di ottenere un senso delle ragioni profonde del loro modo di costruire e
intendere il mondo" (II, 77-78).
5 . Per concludere dobbiamo dire che le
domande del questionario, ben dosate per lo scopo della ricerca, rivolte in
numero di undici a diciannove professori nel primo volume e a quarantotto nel
secondo, si possono dividere in quattro parti. Le prime due, intese a delineare. gli interessi e i campi
di ricerca degli intervistati, hanno posto in evidenza nelle risposte, che, non
escludendo la filosofia greca e quella medievale, questi sono rivolti al
pensiero moderno e contemporaneo spaziando dall’etica, all’epistemologia, alla
metafisica senza trascurare la logica, l'antropologia, la storia della
filosofia, ambiti che si spiegano con la fisionomia canadese appena delineata.
Altre notizie sulla personalità culturale degli intervistati si possono
attingere alle schede biobibliografiche allegate.
Le domande n. 3 e n. 4 indagano i rapporti dei filosofi ed anche
in genere la relazione degli studi canadesi con l'Italia. Le risposte rivelano
che la nostra filosofia, a parte quella inglese e
francese e dopo quella tedesca, è sostanzialmente seguita e che tra i filosofi
italiani Croce è senz’altro molto apprezzato ("la filosofia si sta
muovendo in direzione che include Croce", dice Leslie,
Armour, I, 96) soprattutto per l’estetica e i suoi
rapporti con la filosofia del linguaggio, con l’ermeneutica e con Hegel. Sono letti anche Vico, Gentile, Rosmini
e poi S. Tommaso, Machiavelli, Guicciardini,
infine Eco, Vattimo e Spirito.
Dice Vincent di Norcia,
venuto in Italia per motivi di studio: "La mia impressione fu subito che
in Italia la filosofia sia più storicistica (Croce)
forse a causa di Vico, e dunque, i filosofi italiani mi parvero già abituati a
lavorare su tale problema... [di filosofia politica]: non lo facevano in
Francia e non in Germania " (II, 82). Altri studiosi hanno attivi
rapporti con l’Italia come Theodore Geraets che tiene presso l’Istituto italiano per gli studi
filosofici di Napoli frequenti seminari su Hegel e
come Raymond Klibanski del
centro di studi canadesi di Roma, instancabile curatore di testi antichi e
sconosciuti, anche italiani, che sottolinea la
ricchezza della filosofia italiana ("Non si può considerare la filosofia
italiana come qualcosa di univoco: vi sono molte diverse filosofie
italiane", II, 293).
I risultati delle altre domande, che mirano a delineare
lo stato della filosofia in Canada (situazione attuale, prospettive, tendenze)
sono stati da noi utilizzati nel corso di questo articolo.
Ci sembra importante, riferendoci al concetto di cooperazione,
che, come abbiamo detto, è il carattere emergente del modello canadese o comunque ne è un elemento essenziale, richiamare il fatto
che essa può realizzarsi solo ne tutte le parti si assicurano un terreno comune
in cui incontrarsi e che questo è il campo dei problemi pratici, il "piano
temporale", nella ricerca del bene comune come fine "infravalente". Ma al di sopra di
questo ordine deve riconoscersi il valore dell’uomo come persona. Se è così, come a noi pare, in questa società di frontiera
ci sono i presupposti di quell’umanesimo ecumenico
che è l'unica via su cui può incontrarsi tutta l’umanità. Tutto questo, in un
momento storico in cui i popoli ritrovano i valori della individualità,
acquista pregnanza e attualità.
La ricerca della Melillo è arricchita,
quasi a mo’ di compimento da due appelli dell’Istituto italiano per gli Studi
filosofici di Napoli (sostenuto dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana, dalla Rai e dal Dipartimento Scuola Educazione) per la
filosofia e per la ricerca umanistica perché - dicono gli appelli - in una
situazione segnata "da un appiattimento dei costumi e delle forme
espressive" e "dalla perdita della memoria storica" il mondo ha
"più che mai bisogno di forze creative" e quindi di "una
educazione al giudizio" e "di uomini educati alla filosofia", ed
ha bisogno che sia fatta "piena luce sulla persona umana".
Gli appelli, diffusi in tutto, il mondo, il primo del 30 novembre
1992 il secondo dopo l’attentato alla Firenze
umanistica, si rivolgono "a tutti i parlamenti e governi del mondo"
affinché venga "confermato e introdotto a pieno titolo" lo studio
della filosofia e sia ripensato e interrogato l’Umanesimo per la fondazione di
nuove categorie umane per un autentico incontro tra i popoli. Essi sono
accompagnati dal testo del discorso del Presidente del Parlamento europeo, Alfred Klepseh, tenuto a Napoli
il 5 settembre
Ci sembra che proporre una unione
europea, al di là delle aree del mercato e dell’economia, intesa quale
"polis in divenire" - come dice il documento di risposta del
Parlamento europeo agli appelli, (pur esso allegato alla ricerca) - e vedere
nella filosofia la via maestra verso questo europeismo maturo sia il modo più
fruttuoso di acquisire la lezione che ci viene dalla esperienza canadese.
In
"Riscontri", 3-4 (luglio-dicembre 1993), pp. 103-114. |
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