I
canti della vetta
Contrappunto
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Che il vento non celi col fiore ma gli ubertosi grani porti nella trepida carezza
che il fiume la riva non sbrandelli, la fiamma dei verdi occhi può assaporar lambendo.
Fata morgana va sulla sabbia arsa e nuda, s’adagia e muore nel freddo letto la musica che viene dal profondo e ciò non sia
né il cielo buio né la mia fuga atroce…
Io resto
ci sono tutti i fiori e tutte le farfalle nei miei pensieri raggelati
l’uragano è nel cortile vuoto
allora io vedo la donna della stazione antica nel crudo sfavillio del sole passare dinanzi al mio pensiero
leggera su per le scale e ignara
ronza attorno a me la strada - altre volte l’angustia si calmava - ronza e si fa silenzio e ardore
allor piangendo il mio pianto abbraccio e sono come un ciocco verde in mezzo al fuoco che il peso greve lascia a poco a poco e si fa spuma di seta e latte - limpido biancore del diamante - e si fa alito pieno verso una meta
lassù
di mille voci coro al sole in una andando
nell’isola d’oro tutta la luce intera a sé chiama con lunga melodia. .
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Glossa Qui si esprime il superamento del negativo. Si prendono in esame alcune forme della negatività che è tra gli uomini. Il contrappunto è siglato da quel "e ciò non sia". Ma il negativo esiste quando non ci sono valori ("il cielo buio"); ed anche questo non deve avvenire. Dinanzi al negativo ogni fuga è atroce perché significa soccombere. Io resto perché bisogna lottare contro il negativo. Inizia qui la seconda parte: lo scoprire il negativo in se stessi. I sogni ("i fiori e le farfalle ") distrutti (il pensiero ne è raggelato), la tempesta della solitudine. Ed inizia l’azione del pensiero (l’io pone il non io) che vede il limite (la donna della stazione antica che rappresenta ogni limite e non solo) che da sempre si oppone all’uomo (la stazione antica). Il limite dell’uomo è crudamente reale e non sa di essere tale, né di fare del male ("salire leggera e ignara"). Esso si presenta nella quotidianità del reale (la strada che ronza). L’angustia del limite può essere superata anche in altri modi ("altre volte l’angustia mi calmava"). Ora però c’è l’azione del pensiero che vuole (l’io che ponendo il non-io lo vuole superare) e che scende nel profondo dove tace il reale (silenzio) e dove scopre la essenzialità (alito pieno) che è vita (ardore). A questo punto inizia un’attività prettamente umana: la composizione di un contrasto in superiore armonia attingendo alle forze interiori. Si crea quella che Schelling chiamava "forza vivente". Ciò che è natura reale viene innalzata alle altezze dello spirito. Questa purificazione avviene attraverso un travaglio interiore (l’immagine del ciocco). L’animo che fa tale esperienza avverte che quel soffio nasce da qualcosa che vale e produce valore (il mio pianto abbraccio). La melodia che s’alza dall’isola è il pianto trasformato in canto che addolcisce la pena e non teme perché è la voce delle cose che non periscono. |
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2002