I
canti della vetta
Fanciulla con Duda
A quella disposizione dell’animo che
porta alla poesia.
Sicché la poesia non può dirsi né sentimento né
immagine né somma dei due, ma contemplazione del
sentimento. (B. Croce).
E ci fu una danza d’argento sulla strada assopita come raggio d’inverno tra pini di neve ed il vento.
Invasata di canto, fanciulla con duda, sommessa inondasti il poggio nebbioso.
Era stato uno splendido regno di stelle dorate che univano il cielo e la terra con avidi fili di seta.
Divenne un punto d’obliosi fantasmi, immoto nel grigio.
Vagò sul lago e sul monte l’ombra bianca della musa come il carro salmastro d’aurora, al suo titano il pensiero.
E il deserto dischiuse le labbra avidamente bevendo, già lunge l’ardenza della sua sabbia quel canto azzurro cercava tra vapori sordidi e opachi.
Accolsero le voci della natura il richiamo aonio nell’aria stupìta dove un profumo di muschio un sussurro un tepore stordiva,
e fu l’aquila reale amico solitario del cuore grande fratello del pensiero tempesta dei deserti.
E tu ninfa divina entrasti nella casa in attesa a piccoli eterici passi e là scavavi cantando
e il verso andava leggero su riccioli d’onda spargendo non deflorate parole che avevano arditi colori, e dai solchi sbucavan colombe subito accolte nel sole.
Egerida voce dei cuori, canto dei cieli, sciogliesti la mia ala nascosta nel sepolcro del corpo poiché scoprisse altri voli
il grappolo in alto tra i pampini ocra d’autunno - come l’ho amato! - a pieno viso il vento di vetta lassù, fresco, diverso - calma ebbrezza - un occhieggiare d’iridiche perle nel fondo se l’onda s’apre pudica - e ancora ancora più s’ama! -.
Ma forte come la roccia il gigante apriva le braccia terrestri e gridava come un maroso trafitto sul lido muto gridava,
e là giunsero altane di sole invaghite dal suono di duda e sull’onda si perse il rugghiare.
Altre volte vagasti sul mare di luce, vagasti, dolci le note d’un pianto inseguendo, e comparve la candida roccia, l’isola azzurra amica d’ogni fanciulla con duda.
E lì sei un sogno attratto dal sole sei un fascio di piccole innumerevoli stille che vanno lassù, ma da sole come voce da cuore va a cuore.
e di lì ogni giorno tu vai amica vergine strenna vai nel mondo con le palme piene di rose da un risuono guidata
e io vivo e piango
ma il giorno è nemico e la forza vien meno.
Pietose per me s’aprono allora le tue braccia di ninfa come d’albatros intrepidi ali
portano negli spazi immortali al di là del fragore del nembo in moto leggero di danza la mia anima sofferente.
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