I canti della
vetta
Fragili ali |
ovvero
Sentimento della natura
Fragili ali siamo tra cielo e
terra, oltre ogni linea d’orizzonte tesi; deboli cose per vie note o mai
saggiate mendiche d’un po’ di sole vero.
Questi versi nati nella storia al di là
di essa sono stati fecondati, là dove l’ansia di lenire le crude ore
cerca nella dialettica del cuore e della mente diversi panorami perché di loro
si riempia il vuoto e si allentino le sartie arse sulle membra corrose.
……….
La mia risposta
Tra tutte le parole che il dio nei petali vostri un dì depose avete scelto per me le più spinose, innocenti margherite gialle,
ed io con loro me ne sono andata
lontano dall’onda che lotta con l’onda là dove un filo d’acqua il cielo profondo porta sulla rena e là amando vastamente amando nella schiavitù della sponda là lentamente lascio tutte le mie spine nel sole lentamente andando.
. |
*
Intesa Ecco i miei campi che il cielo ammira perché ad essi serba doni azzurri e a sera stringe nel suo buio
ed ama quando apre i profondi segreti e quando versa nelle terse estati le lacrime sue più brillanti il dolore esteso del cosmo narrando.
Vedi laggiù s’uniscono col cielo
e quella rondine c’ha bevuto nei calici dei fiori miei ora si perde nel sereno
anche di betulle il filare che segue il rivo al cielo tende.
E come cambia il piumaggio l’uccello pure il mio cielo mette le vesti perch’io di lui m’innamori.
. |
*
Poggio rupestre
Là sei, poggio rupestre, signora del piano che fu trascorso per te, e dove si distese la voce al richiamo dell’abetaia e dello sterpeto
la voce che non sempre tornò come l’eco fedele.
La sei stata regina e lo sei.
Andò al piano la tua consistenza e nel lago si sfarinò nel disteso brillio del lago che t’abbracciò.
Ed avesti l’ape tenace il fresco il garbo dell’onda e tu gli desti la ragnatela sottile dei giorni discreti le parole di pietra il polline dei tuoi occhi gialli. Là furono inviti e voci andarono religiosi segreti di secoli.
Là ci fu tutto e niente.
Ora c’è un’acqua che va nella tua acqua anche se le tue essenze non ha e lo splendore e la sponda non s’apre
anche se tu e non io.
Eppure non m’appartiene la forza che spinge nei lacustri recessi
eppure…
Ma io non mi fermo nell’acqua che chiama guarda io devio la corsa sfioro soltanto il tuo lago e poi esco e vado e vado…
Ecco ora sono lontano son là e da lungi ti mando i miei fiori signora del piano e del lago che l’abetaia e lo sterpeto chiamò ma il lago circonda il tuo lago.
E di là da lungi lungamente t’ammiro lungamente guardo nelle tue mani il segreto ch’io non so e tu sai.
E poi errando vo per il piano e laggiù lontano là dove il cielo va sulla terra nella bruma io alzo il mio velo d’argento e navigo e vo con le nubi leggere e vo col mio azzurro lontano…
e sono sulle tue acque a specchiarle…
E se ancora seguendo il respiro del cielo a forza discendo se occhi negli occhi se ancora vengo al tuo lago è solo per poco è solo perché son acqua
poi di nuovo vo via lontano lassù
e sono velo d’argento e leggera e sono azzurro e sono lontana là in alto da lunge lungamente ti guardo
e vi guardo
signora matrona che sei ed io non sono
ché io son acqua e sono in te e sono nel lago
io sono e vado sono vado…
. |
*
Bosco lontano
Bosco lontano stendendo nell’aria a tratti la voce dorata mandi là sulle cime le gemme che l’alba ti diede
io invece i mille sentieri ove i fiori delle tue spine mi riempiono entrambe le mani ogni giorno percorro
io da lontano
e vado fuggendo al di là di un velo di pietra, nei miei stanchi pensieri vo ramingando e porto con me il monte lontano che di cupo smeraldo colori e le tue strade
ma nessuno conosce il guscio nel fondo.
Solo di notte andando tra i tonchi odorosi di resina e muschio quando la via del pianto la pena ritrova io ti trovo
e sei in un fiocco di luna,
tra antichi pilastri e le strade sbarrate non sei solo
sei un volo con un’ala di gesso su una viola che l’erba più alta non il profumo nasconde.
Che vale riempire il boccale che porgi?
Non puoi fermarti sull’onda che corre e c’è solamente una radura soltanto per l’acqua ch’è tanta ma essa ha ascoltato la voce da sotto le siepi e le felci e le ha teso le mani
allora di trasparente cristallo son divenute le forre e tutti i tronchi e i rami un muto lungo silenzioso concerto.
Perciò tra le sponde e i sassi conduco una canzone dolente perciò guardo il sole che non scioglie le foglie e soffro inutilmente per la formica che scava arabeschi infiniti
e pel tuo poggio
in silenzio chiudendo tra le ciglia l’affanno vado lontano dal corso che non vuole lasciare la sponda
e la pioggia mille lacrime porta e mille del cielo sulla pelle che tutte le vuole perché è vero che il rovo distrugge il bianco vestito del vento, nella gora è vero muore l’intrepida ala di seta e tu i semi del cielo contare nella mia acqua non puoi e quello ch’io vi deposi da quando disteso sulla collina fin nella valle ti vidi e mi sorridesti iperboreo bosco remoto là
ma la mia corsa un’isola eresse che non può l’oceano intero non può cancellare.
. |
*
…………..
____________________________________________
©
www.mimmademaio.com 2002