Pagine sparse
Teresa Manganiello
(1849-1876)
La merlettaia di Dio
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Il singolare ed esclusivo rapporto con Dio |
Recensione
Fausto Baldassarre, La merlettaia di Dio.
Teresa Manganiello, vol. 3°, Pietradefusi
(Av), 1995.
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Il terzo volume de La
merlettaia di Dio, che comprende anche gli Atti dell'incontro di
studio sulla serva di Dio, Teresa Manganiello di Montefusco, all'epoca capoluogo del Principato Ultra,
pone fine ad una lunga e appassionata ricerca dello studioso Fausto
Baldassarre che, come sottolinea nella prefazione Vincenzo Maria Romano, è
soprattutto "un innamorato della sua terra capace di comunicarti il suo
entusiasmo per questo mondo che non è passato ma solo dimenticato".
"La nostalgia delle radici", che l'ottimo prefatore
ha "avvertito" nell'opera, è infatti
l'anima che sostanzia il ricercatore irpino quando
si cala nel passato a cui in questa occasione attinge ad ampie mani; e ciò
per spiegare il caso della Manganiello, semplice
contadina di una contrada rurale del centro irpino,
la cui fenomenologia umana tocca punti così alti e poco frequentati da
richiedere che lo scandag1io vada oltre i normali elementi biografici per
altro molto esigui. L'indagine tocca tutta la gamma delle
determinazioni ambientali, dal territorio col "più bel panorama che
possa parlare all'animo" alla realtà familiare, contadina e patriarcale,
a quella religiosa incisa dalla presenza spiritualmente forte dei
francescani, fino ai piccoli eventi del quotidiano e ai comportamenti della
tradizione, elementi che segano la vita di una piccola comunità. Il lettore ha, in tal modo una dovizia di
notizie che sono schizzi, angolature, profili in cui inquadrare questa esile figura che in trasparenza qua e là compare
dietro gli squarci di vita paesana. Il tutto illustrato da una ricca
documentazione che l'autore usa in modo particolare, facendo cioè parlare direttamente e quasi con ossessione il
documento pur sempre restando dietro di esso con la sua viva partecipazione,
con l'intenso senso della sua terra, con l'entusiasmo per la scoperta,
insomma col gusto della ricerca che è godimento quando è vissuta in prima
persona. Emerge da questo studio la realtà di un pezzo
dell'Irpinia del secolo scorso e con essa emergono due elementi che aiutano a chiarire il caso Manganiello e cioè quel complesso di manifestazioni
culturali che va sotto il nome di "civiltà contadina" e il
francescanesimo, entrambi capaci di grande fecondità. Sono due dati che si
sostanziano di quel "deserto", di cui, citando Giovanni, parla
Francesco Barra, nel suo intervento alla menzionata giornata manganelliana. Infatti solo se
si è spogli delle "morbide vesti", solo quando non sono distraenti e forti le voci del mondo si attinge al vero
bisogno di Dio, a quel "richiamo metafisico" che fonda nell'uono la dialettica delle costruzioni spirituali. Tale
substrato è l'humus in cui si alimenta la breve esistenza di questa
semplice ed ignorante contadina con risultati del tutto eccezionali. Nell'autenticità del vivere e nella genuinità
del contatto con la natura, nella carenza cioè degli
appesantimenti sovrastrutturali propria del mondo
agreste, avviene, guidato dal ricco nerbo dell'insegnamento francescano, di
cui si irrobustì il suo animo, l'incontro di Teresa con Dio che ella vive
come una naturale vicinanza e che la porta ad una straordinaria esperienza
interiore. Il suo rapporto con Dio è infatti di una
misticità profondamente vissuta con spontaneità e immediatezza, una
spiritualità tutta francescana e contadina fatta di gesti fondamentali, di
sobrietà del consueto, di quella misura che fa posto alle voci dell'anima. È la povertà "nello spirito" delle Beatitudini
della montagna, il candore degli atti, la purezza dei sentimenti, la carenza di tutto ciò che è materialmente forte o
fortemente impregnato di materia, la povertà propria della terra ubertosa e
grassa dietro l'aratro e sorella a Francesco, nella quale può alimentarsi la
ricchezza di umanità che è la vita dello spirito. L'affinamento della materia
si trasforma in energia dello spirito perché l'umana immanenza si trasfigura quando s'impregna di trascendenza. Per definire l'esclusivo e singolare rapporto di
Teresa col divino il Baldassarre felicemente attinge
- la parola che si fa significato - ad una figurazione simbolica. "La
merlettaia di Dio" è un'immagine efficace ed appropriata, e bellissima,
che tra l'altro avvicina Teresa ad un'attività secolare della sua terra,
quella, con l'uso divenuta semplice e naturale,
delle ricamatrici di Tombolo e che in modo pregnante unisce il delicato e
intenso lavoro col filo delle sue conterranee al cesello che con l'offerta di
sé la giovane intaglia nella propria esistenza. La dimensione dell'offerta - il dare ininterrotto e completo che
è un aprirsi ed attendere - realizza
in Teresa una esperienza spirituale tutta mariana, altro elemento guida nella
sua vita. Ella vede nel mistero della concezione - il dono che di sé fa Maria a Dio - il momento più alto dell'incontro dell'umano
col divino e il segno della sacralità del corpo dell'uomo e individua nella
verginità - una "verginità"
che diventa "maternità" - un
modo per rendere più ricco quel dare perchè viene offerta la stessa essenza
dell'uomo. Teresa attinge avidamente a questa
intuizione vasta che, priva di alcun supporto speculativo, è
fortemente presente in lei. Invero la santificazione del corpo (il fango di Adamo che Dio portò alla vita dello spirito col suo
alito creatore) attraverso la liberazione dagli istinti e dalle passioni, il
corpo cioè inteso non come fine ma come mezzo per accedere alla prima
resurrezione, quella spirituale "dell'anima alla vita di grazia in terra
e alla vita di gloria in Paradiso " (Apocalisse, 20,5), è per
Teresa frutto di un completo abbandono fideistico
ed è la via attraverso cui avvengono tutte le sue conquiste spirituali fino
al misticismo del martirio ("indefessa nel digiuno, emacia la sua carne,
che col cilizio e coi flagelli cosparge di trafitture e di piaghe [...] prendeva i cardi aperti, i ricci necessari per soffrire e
offrire a Dio il dolore", I,32-33), fino alla profonda verità del Cristo. Col cilicio Teresa approda alla logica del
"corpo che deve morire se vuole risorgere" e, cosa ancora più
singolare, la sua è una logica finalizzata alla espiazione
del male del mondo, che le fa percorrere la medesima strada del Cristo. Da Teresa Manganiello,
il cui processo di beatificazione è in corso, viene
un'indicazione per l'umano approdo alla vita dello spirito nella realtà
profana che sta tutta nell'uso del corpo, questo composto bio-psico-intellettivo
inteso come "memoriale" in cui "ognuno scrive il proprio
percorso spirituale"; un patrimonio cioè con cui ognuno si gioca il
proprio essere nel mondo o sottomettendosi all'imperio degli istinti e quindi
negandosi al progetto edenico ("facciamo l'uomo a nostra immagine e
somiglianza", Genesi, 1,26) oppure realizzando attraverso di esso
nello spirito la personale immagine divina. Il corpo insomma permette di
lavare le vesti "per avere diritto all'albero della vita ed entrare
nella città per le porte" (Apocalisse, 22,14). Mai intuizione fu più vicina all'intelligenza
del nostro tempo ma anche più lontana dai comportamenti dell'uomo moderno. |
Recensione
F. BALDASSARRE, Teresa Manganiello (1849-1876). Tradizioni orali
e documenti, Pietradefusi (Avellino), 1997.
.
Ritorna Fausto Baldassarre ad affrontare il tema
di Teresa Manganiello, la contadina di Montefusco, vissuta tra il 1849 e il 1876 e morta in
odore di santità, della quale è cominciata la causa
di beatificazione. Lo studioso aveva pubblicato nel 1994-1995 tre volumi dal
titolo La merlettaia di Dio frutto di una lunga ed appassionata
ricerca, dove, al di là del profilo biografico della
Manganiello, per altro molto semplice, aveva
tentato un’indagine che toccava l'ampia gamma delle determinazioni ambientali
che incisero nella realtà di Teresa per spiegare il fenomeno di questa
giovane completamente ignorante la cui espressione spirituale aveva raggiunto
punti così alti da richiedere che l'indagine si spingesse oltre. Ora lo studioso irpino
pubblica un sostanzioso volume di quasi quattrocento pagine in cui approfondisce la conoscenza di questa figura di donna
tanto semplice quanto profonda e lo fa attingendo a testimonianze orali e ad
altri documenti che permettono, come dice il prefatore,
arcivescovo metropolita di Benevento Serafino Sparviero, di dare il
"colore", di creare uno sfondo, di delineare "uno
scenario" su cui può stagliarsi "più chiaro e caldo il profilo di
Teresa emergente dalle fonti". Il nuovo studio si qualifica per il gusto che
l'autore pone nel costruire il tessuto storico in cui visse La ricerca infatti è
animata da una vera esigenza di capire il perché di quella così spiccata
"innocenza e purezza", il perché di quelle due pagine di vita
"mistica" e "pratica", così bene integrate, che fanno di
una povera e semplice contadina una figura "di fede, preghiera e
penitenza", un'anima singolare; e infine di comprendere come si
conciliano il suo "impegno" e il suo "nascondimento". Con la semplicità che la distinse in vita, Teresa disvela con la sua vicenda, che è una espressione
dell'anima eletta, il lavoro sotterraneo, infaticabile e sempre attento ad
occupare e rendere fruttuoso ogni momento della giornata, come di chi sente
il valore del tempo, la pregnanza della vita che è preziosa e che cresce nel
rifuggire dall'apparenza, dal chiasso e dal vuoto mostrarsi. A tale disvelamento
contribuiscono, insieme, una serie di elementi:
l'ambiente socio-economico della Montefusco del secolo
scorso, il "focolare domestico", la gente con cui la giovane venne
a contatto, dal bracciante al garzone, dal carcerato al malato, gli ultimi
insomma. Una realtà fatta dei valori del mondo contadino,
ma anche di miseria e di violenza, che si riassume nel mondo delle carceri di
Montefusco, che Teresa conobbe bene, e che emerge
anche dalla vicenda del brigantaggio o dalla tragedia delle epidemie.
Tutto ciò viene in aiuto per capire come si sia potuta
plasmare la spiritualità di questa giovane e come siano potute sgorgare
quelle virtù, piccoli "fiori" profumati di purezza, fatti di
"carità dialogante", di concretezza, di accoglienza, di
testimonianza, di offerta. Sono le virtù cristiane, quelle più vere e
semplici che attingono al nucleo più genuino dell'animo umano e lo inverano. Quasi vien da dire che non poteva essere che quello il mondo che avrebbe
potuto produrre una figura come Teresa. Le virtù di Teresa sono infatti
quelle vere cristiane che troviamo indicate nell'insegnamento del Vangelo e
che sono nella fenomenologia della stessa vita di Cristo, anch'essa una breve
esistenza, anch'essa tutta vissuta nel nascondimento prima di esplodere nella
luminosità della testimonianza. Una grande verità è
quella che si scopre a contatto con la vicenda di Teresa: il prodigio
dell'offerta, quotidiana, silenziosa e gratuita, perché quelle mani che
offrono ritornano piene di una ricchezza non chiesta la cui abbondanza e
fecondità mostra però che ogni domanda sarebbe risultata inadeguata. L'offerta di Teresa si volge al mondo degli
esclusi, un’umanità dolente e derelitta che guidò il mondo missionario e che viene scoperto oggi dal mondo della solidarietà.
Aggrapparsi al crocifisso significa unirsi con chi
soffre, con chi è offeso, con chi è privo di dignità e attraverso questa via
scoprire il sentiero che porta a Dio, quello indicato dalla croce, appunto. L'intento del Baldassarre
è di sicuro pienamente riuscito perché dal suo poderoso lavoro esce una
figura chiara di donna che può dire molto al mondo contemporaneo che si
appresta a conoscerla come santa, soprattutto può far capire che la via per
la santità è da tutti percorribile perché la si trova all'interno di ognuno,
basta rompere l'involucro che impedisce di ascoltare le voci interiori che
chiamano ognuno ad adempiere il compito più genuino ricevuto dall'uomo
edenico di realizzare cioè quella immagine che l'alito divino stampò in esso. Infine bisogna sottolineare
la particolarità dello studio, appena accennata all'inizio, e cioè il fatto
che l'autore utilizzi la fonte orale, operazione condotta con maestria dal
Baldassarre che, come dice Francesco Barra nella "Conclusione",
"ha saputo con estrema correttezza metodo-logica prima raccogliere le
notizie dalla viva voce degli anziani e quindi elaborarle criticamente confrontandole
ed integrandole con le fonti documentarie"; e perseguita con entusiasmo
perché - traspare chiaramente dal suo
lavoro - l'autore è guidato dallo
stesso pathos che ha distinto anche la sua opera precedente quello,
come allora sottolineammo, dell'"innamorato" della propria terra. |
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