Lettura di opere letterarie
L’opera
di Daria Martelli
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Le streghe (Abano Terme, Piovan, 1987) |
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Ad un anno di distanza dalla raccolta di racconti Il gioco dei
tradimenti (S. Marco, 1986), da noi recensito per questa rivista (vol. 22,
n 1, 1988, pp. 113-116), ritorna in libreria la scrittrice padovana Daria
Martelli con il dramma teatrale Le streghe già
premio inediti per il teatro Vallecorsi 1982 e già
dato alle scene.
Prendendo spunto dalla vicenda di una quindicenne della Valcamonica, arsa per stregoneria,
Il tutto avviene con una corretta operazione storica che, mentre
vuole dare del fenomeno "una sintesi ideale" (l’autrice espressamente
dichiara che il dramma "non è storico in senso
stretto"), essenzialmente mette a nudo ciò che non possono dire i
documenti, "scritti tutti dai persecutori" nei quali si è creduto di
poter liquidare "una realtà pulsante e complessa" con un atto
burocratico quindi definitivo (significativamente la scrittrice chiede allo
scenografo di rappresentare l’archivio notarile con dei loculi cimiteriali).
Accanto alle ragioni del potere costituito, ecclesiastico e
politico, (che ha il compito di mantenere il comportamento degli uomini nelle
proprie strutture protette dalla parola scritta immobile e sacra che si
trasforma in potente arma di sopraffazione, espressione e foriera di morte), il
dramma presenta "il punto di vista delle streghe" aprendo ampi
spiragli sulla ignorata vitalità sociale che produce
il fatto storico.
Si palesano così le carenze della storia
(la figura della "strega" disegnata solo dall’autorità costituita)
per denudare le quali l’autrice si serve dei moderni approdi della scienza. Infatti su tutta la scena grava il pesante sospetto (come
opportunamente dicono in epigrafe i versi della Dickinson)
che la cosiddetta "magia" possa essere, più che un bisogno, un modo
di essere proprio dell’uomo, una manifestazione di quelle "risorse
profonde dell’io" (come
Ancora più chiaramente si palesano gli errori della storia quando si scopre che è passata per "magia"
una profonda conoscenza della natura a cui sono giunte le "streghe,"
spinte dal quotidiano bisogno di chiederle sostegno contro la precarietà
esistenziale e l’indifferenza degli uomini, ed accostatesi ad essa con amore e
disponibilità; e che utilizza la parola orale depositata nel vivo laboratorio
della mente e del cuore umano, arricchita col costante contatto e fertile
confronto e consegnata ad una tradizione aperta e viva ("Le streghe le
prime 'intellettuali' indipendenti si incontrano per scambiarsi informazioni e
ricette di medicamenti, curano con le erbe, ma anche con la parola e con i
poteri della mente in una concezione dell'essere umano come unità psicofisica").
Il dramma delle "streghe" della
Martelli è allora il dramma della verità soffocata nelle maglie
della prepotente ignoranza proprio da quegli istituti che invece ne dovrebbero
essere garanti, ed è il dramma della libertà, quella interiore, temuta
perché forza nascosta che trasfigura chi la possiede; dramma che in Caterina si
manifesta con vigorosa forza (per la sua giovane età ne è in un certo senso in
balia) mentre nella matura Zona si trasforma in penetrante ironia che culmina
nella descrizione dei diavolo-inquisitore, La giovane protagonista, infatti,
pur "confusa e smagrita" ("oh Dio, chi sono io. Io non so più nulla, io non sono più nulla") e tragicamente
libera di fronte all’inquisitore con la sua verità che diventa tale solo se è
scritta ("Solo voi sapete. quello che dite voi è
la verità, scrivetela nelle vostre carte: quando tutto sarà scritto, finalmente
sarà certo") quando accetta di sottomettere quello stesso corpo che ha già
subito l’insulto della prepotenza, perché l’atto di sottomissione ("Ora io
voglio solo quello che voi volete. Dirò quello che volete che io dica") non intacca il suo "dentro" ("io
non so però d’averlo fatto").
Ma la vicenda della giovane Caterina che muore sul rogo insieme alla altre streghe si carica di altre valenze profondamente
significativo che la fanno apparire emblematica di tante consimili situazioni
contro cui le società fossilizzate hanno sempre innalzato le barriere delle
loro sanzioni. Agevolmente infatti il dramma supera
come ogni opera d’arte il dichiarato intento e la problematica proposta
collegandosi anche all’altra citata opera della Martelli Il gioco dei
tradimenti (i racconti che presentano una umanità delirante e vuota tradita dai
miti del progresso sulla quale non inoppor-tunamente potrebbero trasferirsi i
bagliori del rogo delle streghe) sia perché entrambe le opere denunziano in
modo chiaro ed inequivocabile la carenza della viva vita dello spirito capace
di dare altre forme e modi all’umana esistenza, sia perché affidano al negativo
il compito di portare al positivo. Infatti (per la raccolta di racconti
l’abbiamo dimostrato nella citata nostra recensione) ne
Le streghe, mentre ancora sulla scena si perdono gli ultimi bagliori col
quale il potere si è assicurato il consenso. mentre
questo consegna alla storia l'atto di morte di chi ha osato, il sipario cala
non sul rogo, che è fuori scena, ma sul silenzioso procedere delle ragioni
della vita portate avanti da chi deve costruire, la giovane Antonia.
Ancora una volta
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In "Forum Italicum", v. 25, n. 1, 1991, pp. 169-171. |
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