Racconti

La lanterna di Diogene

 

Forse per i fari sull'asfalto bagnato, forse per la pioggia che si confondeva con la nebbia o forse per tutto e due le cose fatto sta che mi trovai su una piazzola di servizio dell'autostrada mentre pian piano si spegneva il motore. Feci lo stesso con i fari.

Avevo appena aggiustato gli occhi a quella nuova situazione, quando mi accorsi di un punto luminoso che a balzi si avvicinava. Proveniva da una di quelle lanterne antiche di alluminio portata a mano da un vecchietto con un paio di occhi franchi che mi rassicurarono per cui potetti cogliere il tono sconsolato della sua esclamazione: "Neanche qui c'è!".

Spontaneamente cercai di consolarlo, ma dissi la cosa più ovvia: "È troppo buio per trovare qualcosa!".

Il suo rintuzzo mi sorprese: "Si, state proprio al buio! Non c'è, non c'è ... L'ho cercata dappertutto, non l'avete neanche voi!", per cui incalzai con un "Cosa?" così perentorio che provocò veloce la risposta: "La democrazia!".

La stranezza di quella ricerca bloccò ogni mia facoltà mentale.

Senza meravigliarsi del mio silenzio il vecchietto con voce piana spiegò: "Cominciai duemilaquattrocento anni fa a cercare l'Uomo. Non l'ho mai trovato. Un quarto, metà, mai tutto intero".

"La democrazia" riuscii barbugliare a metà tra la domanda e l'esclamazione.

"È un modo di esprimersi dell'uomo, se c'è questa potrei trovare anche quello" - concluse il vecchietto.

Ora si che capivo. Mi ripresi subito anche perché quella parola aveva messo in moto un certo meccanismo professionale. "Democrazia è partecipazione di tutti al governo. Essa può avvenire tramite rappresentanti liberamente eletti che sono al servizio della comunità, ne gestiscono i beni e sono da questa controllati. In tutti gli stati moderni c'è democrazia. Anche in Italia ...".

La dimestichezza con questi concetti elementarissimi che i ragazzi sono abituati ad apprendere sui banchi di scuola mi avrebbe fatto dire chissà quante cose se non mi avesse fermata una risata ironica.

"Tutte chiacchiere! Voi altri andate tronfi di una parola vuota. Non vi accorgete che è solo un sipario. Sul proscenio ci siete voi, poveri illusi di possedere la democrazia. E andate ingannando tanti altri, ragazzi, giovani, gente balorda, ma è dietro che si recita la vera commedia. Guarda..." e alzò la lanterna.

La luce converse in un punto e vidi degli individui che si tenevano ben saldi su grosse poltrone. Sembrava che dicessero: "Nessuno ci manderà più di qui!". Altri si dividevano litigando voti, acclamazioni, accordi. Intorno strisciavano taluni che, biascicando elogi e sottomissioni, raccoglievano briciole di potere e di tornaconto. Più oltre, ben inquadrata, della gente che sembrava normale, solamente aveva gli occhi vuoti.

A questa scena se ne sovrapposero altre: un tirannello di provincia attorniato da una cricca di pecoroni, un'ombra grigia che aleggiava tra i sarcofagi di un cimitero, insetti che ronzavano su un'indistinta lordura, vermi invischiati nella mota e poi cornacchie che gracchiavano belle parole, civette che gridavano inganni, arpie dal grande ventre, upupe dagli occhi di fuoco, pipistrelli con le ampie ali taglienti, avide sanguisughe mai sazie di succhiare e molti, molti pavoni gravidi di sicumera.

La rapidità di successione delle scene, il loro contenuto mi avevano provocato un forte dolore agli occhi accompagnato da un senso profondo di disgusto. Misi spontaneamente le mani sugli occhi. Quando le tolsi era tornato il buio di prima in cui si perdevano le ultime parole di quella che doveva essere stata una frase "... avelli imbiancati".

Le accompagnava una triste risata.

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