Marta
COME UNA FIABA
..
. Marta sentì stringersi la gola da un groppo di lacrime mentre l’immagine recente della mamma distesa
nella camera mortuaria le ritornava alla mente. Volle trovare un diverso
riscontro a quella pena e salì in soffitta dove il giorno prima aveva
depositato una borsa contenente le carte di lei. A
contatto con quella particolare anima che acquistano
le cose appartenute a persone care che non ci sono più, l’immagine di lei
scivolò dall’immobilità fredda del catafalco e si adagiò nelle note fattezze
che la rendevano tutta all’affetto filiale. La mamma aveva l’abitudine di annotare i suoi
pensieri appena si formavano, perciò ogni pezzo di carta contenuto in quella
borsa come un balsamo riuscì a lenire l’ancora acerbo dolore; e perciò ella ancora più gradì l’inconfondibile, familiare sorriso
offertole da alcune fotografie. Ritraevano la mamma molto
giovane e Marta guidata da quelle immagini ingiallite, ma non
sconosciute, entrò, come per la prima volta, nel mondo giovanile della sua
mamma per fermarsi dinanzi ad una balilla nera accanto alla quale riconobbe
solo il sorriso sotto l’ampio cappello della giovanissima donna. Non
riconobbe l’uomo, alto, distinto, che le era vicino. Solo
quando dietro la fotografia lesse una frase, una città, una data ...
solo allora. Marta si rivide bambina in un mondo che le
appariva tanto consolante quanto più si allontanava nel tempo e da cui
emergeva solo il fascino di un sorriso. Ricordò come questo riuscisse a far svanire in lei ogni ansia e capì cosa era
a legarla tanto saldamente alla mamma. Anche in quel
momento quel sorriso riusciva a sciogliere il freddo dentro di lei, perciò
cercò ancora tra i ricordi. La grande camera da letto
con le pareti celesti, lei nel grande letto di noce, e accanto la sorellina,
entrambe colpite da una di quelle malattie infantili che sono gradite per
tutti i privilegi riservati ai piccoli malati. Tra questi c’erano, in dose
maggiore, i racconti della mamma: "Aladino", "La noce d’oro",
"L’albero che parla" e quelle particolari fiabe che di tanto in
tanto ella introduceva tra le altre. Avevano il
sapore di fiabe meravigliose infatti i momenti
vissuti dalla mamma accanto al suo grande papà, il nonno di Marta, da cui
anche la nipotina era affascinata come per incantamento. In quei racconti il
nonno prendeva le sembianze di un antico saggio in un romito castello o di un
mago benefico che risolveva intrighi malefici, oppure acquistava le solenni
sembianze di un vecchio monarca in un regno felice. La fervida fantasia della bimba trovava altra
facile esca nei racconti del collegio riservato alle fanciulle
di alto lignaggio dove la mamma era potuta entrare in virtù di una parentela
aristocratica e che Marta comparava a quei speciali educandati da cui
giungevano le principesse per partecipare al ballo di corte durante il quale
il principe avrebbe scelto la sua sposa. Scompariva allora ogni diaframma tra
fiaba e realtà, perciò questa diventava ancora fiaba
quando al collegio della mamma giungeva un principe azzurro tutto per lei. Ma come nelle fiabe costui era dovuto partire per lontani paesi.
E poi era tornato. Ora Marta era in grado di dare a quella storia
riferimenti e contorni più precisi, ma poteva considerare anche come la vita
si divertisse a gareggiare con le fiabe. Maria, la
sognante giovinetta dell’aristocratico collegio femminile aveva dovuto
seppellire un sogno meraviglioso accanto ad un alto diplomatico nei fiabeschi
paesi di Butteflay per uno di quegli eventi che
sembrano guidati da una mano invisibile. La sua famiglia era stata travolta da una triste
ed imprevedibile vicenda ereditaria ed a sostenerla erano
rimaste solo le magre entrate del papà che non avrebbe mai saputo
trasformare il suo impegno presso i malati in un’attività di lucro. Urgevano
intanto le esigenze di tanti fratellini e poi c’era quella sua
mamma abituata a tante comodità. Maria sentiva più di tutto di dover
sostenere le spalle del suo genitore che si facevano
di giorno in giorno più curve sotto il peso di gravami che solo lei sapeva
alleggerire. Tra padre e figlia si era instaurato un rapporto che conosceva dimensioni ogni giorno più profonde. Accanto al rispetto
filiale in lei c’era la devozione di un’adepta e la riverenza di un’allieva
che la portavano a gareggiare con la nobiltà con cui
l’uomo aveva accettato l’ingiustizia dell’avido egoismo dei familiari. Marta andò con la mente agli esempi di altruismo e di disponibilità umana di quel suo nonno
che lasciava nei tuguri dei malati insieme alla prescrizione anche il denaro
per i medicinali. Quell’uomo non seppe mai l’entità
della rinuncia della figlia. La credeva felice accanto al ricco industriale
del luogo che la giovane aveva preferito al diplomatico impegnato in una
difficile ed importante missione all’estero. "Maria gli vorrà dare la sua meravigliosa
ricchezza interiore", così il padre la giustificava pensando a quel
marito semplice e buono che arricchiva la sua casa di una giovane donna colta
e bella, e di buona famiglia. "Lui migliorerà. Quando le due ricchezze
dell’uomo si uniscono possono fare grandi cose!" E così si illudeva quel padre che non comprendeva pienamente la
scelta della sua figliola così indifferente ai beni materiali. Dinanzi allo svelamento
di quel segreto sacrificio appena adombrato nelle fiabe della sua infanzia, Marta
vide con maggiore chiarezza gli anni della fanciullezza in cui aveva vissuto
l’intenso legame tra la sua mamma e il nonno e che si era trasmesso anche a
lei. Riguardò il sorriso luminoso della fotografia. Forse per i ricordi balzati così prepotenti, quel sorriso
le apparve diverso dallo stesso dolcissimo, penetrante che lei aveva
conosciuto ed amato e che ora le sembrava come coperto da un velo. La donna capì. Scese le scale della soffitta lentamente,
mantenendosi alla ringhiera. Doveva rientrare nella sua vita, e vi entrò
portandosi dentro un sottile impercettibile brivido che sentiva venire da
lontano, molto lontano. . |
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