Per vie irte ed
azzurre
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Invito Leggile se t’aggrada, quando fuggito il giorno dal tuo cielo alzi il pensiero alla cima del monte dove attende l’edelweiss. Parimenti ogni sera Febo indugia allagando l’occaso con la sua confidenza, necessità della vita invisibile, prima ch’un altro giorno lo distragga. Leggile se t’aggrada seguir la mia via come quando da cieco calle fu forza a Icaro in altro modo uscire.
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I
Sulla sabbia corse il richiamo di
Febo . |
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Nel
deserto I
Mio Dio, son sola, si tende la vela e scricchiola nell’uragano ai venti. Dal bollor dei nembi fugge la saetta e livido chiaror s’infrange sul nocchiero. Paventa il cor tenace al buio che nemico torna e scava immagini.
Ma anche quando l’occaso è calmo e la cerulea coltre copre la terra tacitamente anche allora cariatide sono.
Pur anco pesa la luce bianca sia che il padre da Olimpo a noi la scagli sia che pei prati azzurri la conduca la sposa del Titano.
Nel deserto ad uno ad uno archi ho deposto.
II
Ho scelto per la mia strada una siepe orlata di bacche il passo pesante m’ha condotto al deserto
che assola senza la chioma di querce
come cera si sciolgono a addobbi e brandelli
che scava della terra le ossa
come lama appena affilata dissoda la casa materna.
Nel deserto che brucia e gela come quando strappata la pelle viva la carne subito avverte tanti specchi ho avuto.
E quando, ogni orizzonte perduto, disvela l’ampiezza del cielo il deserto, scopro che l’isola è vera
o quando si tinge di fuoco o scioglie in vapori il suo ardore, o quando muto ascolta nel fermo attonito buio la voce dei suoi mille vividi occhi.
Soltanto lui dona all’animo teso gli arnesi tenaci,
e l’amore e la vita son veri perché l’ultima ancella abbia la veste più bella. .
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Il
mio passo
Seguo ancora nell’attrito la via dei tuoi passi. Vivo i giorni di nebbia che non sciolgono il cerchio dove accidenti e cose son come una chiusa
e dentro c'è il cuore.
Ma cerco anche la rotta dei voli al di là della cinta e trovo la forma dei gesti essenziali.
Sono devota allora e avanzo nella resa paga se il mio dono con l’armonia dell’andata concorda.
È ancora quello dopo tanto il mio passo, marcia che non esaurisce in breve giro la lena. .
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Affinità Al dio di Delfi
Tutti viviamo della gran madre di Urano la sofferenza, del giro che va senza posa e non sa.
Ermete non dice perché semina grani solo il lungo tragitto del tempo lo sa.
Eleva il fiore di vivi colori un trono all’insetto e questi alla preda tesse una tela
ma non sa,
parimenti alla zolla il suo manto pareggia lasciandovi un tocco cadere la pernice.
Anche nel mio Olimpo c’è Cloto con l’instancabile fuso. Ma io so. Io so perché ho nel mio del tuo giardino i fiori e perché chiacchiera il ruscello che nutre i tuoi boschi coi miei sassi.
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Bisogno
Quando il giorno mio più non trova alle usate fonti appagamento e discovre l’inganno mio pietoso in te torna ad alzarsi e t’illumina fino a destarti perché il tuo sorriso lo consoli.
Se le mie mani ripudiano i tuoi doni allontanando da sé le tue appena sono sola urla il vuoto un nome e cerca la tua forma.
Allora mi arrendo alla tua forza convenendo.
E sempre giorno dopo giorno sei raggiunto mentre lontano vanno le tue ore
e là c’è la mia voce
sempre ogni giorno sei raggiunto là dove c’è solamente un esteso bisogno d’infinito.
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Come
I
Giocavo come l’umida brezza sulle membra del dio giocavo incosciente quando Semele con lui s’incontrò.
Della dea le braccia allora s’aprirono alla vendetta e fu gelosa noverca.
E quando del dio le sembianze apparvero a lei come la dolce Semele nella cenere fui una forma.
Allora come ladro il dio cerco nell’Ade e quale del mondo all’angolo mendico in Olimpo la mia isola porto.
II
Come Leto cercai una culla per l’inviso figlio di Giove ma la terra della gelosa Giunone fuggiva la rabbia
solo la candida Delo sul mare vagante mi accolse.
E il dio per l’ambrosia di Temi fu forte e tenace e uccise Pitone prima dell’esilio nella valle di Tempe
prima che mettesse i pilastri nel ventre dell’oceàno la mia isola d’oro.
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Non ho Non ho altro tempo non sono miei tutti gli altri giorni scorsi sui binari paralleli né il paese è mio l’orto la casa il viale, non conosco il filare che segue il fiume.
Non avrò altro tempo né altro spazio ma ho accolto ad una stazione dei viandanti che per via parleranno ai miei vagoni.
Altro spazio e altro tempo chiusi nel mio infinito intenso abbraccio che annulla come mola la forma.
Sono io. .
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La
mia notte E così nell’ora sola quando emerge il tocco dal riposo degli uomini parlo di via in via. Tanti racconti tanti viaggi vengono a incontrare i miei discorsi nel silenzio. Allora vedo la notte dalle case delle stelle portare il manto di velluto che avvolge la terra e i miei pensieri tuffare nel vento che conosce tutte le porte e le finestre perché dicessi al fratello: “Ecco la mia pena fattene un cuscino”. .
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Vedo
E di quassù vedo. Vedo nella placida zolla aprirsi un fiore. Danzano i boschi e l’aria ci son diamanti ai rivi allegri e artisti nei giardini eletti. Con te la natura ride nel moto che da sempre ci governa. Ma io son qui esiliata dalla mia tenacia dura. Vedo al di là dello spazio che mi serra e penso…
poi col grande scalpello apro un antro per ospitare tutta la mia forza. .
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Infinito
Ardito, come alla foce del mondo Odisseo, sei uomo se al moto che con lenta inesorabile onda il docile cosmo conduce di dar voce tu tenti.
Perché allora risuona potente sulla mia misera spiaggia infingimenti mostrando e orizzonti? Perché come rete mi avvolge di dorati fili di seta per la mia veste più bella? .
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Non deve l’uomo fuggire dinanzi a se stesso
Al morso fuggii della terra fuggii nel sereno ma il cielo anch’esso ha i suoi nembi terribili forze
e fui presa in un’ala di vento nel soffice manto dell’aria
seguii quel gioco di voli fin troppo vicino alla terra
il suo tremendo respiro mi fece paura
tesi allora le ali con forza per seguire le spire del gorgo e andare nel fondo
negli occhi la luce del sole
e poi dal giro essere in alto portata.
Della terra ora so il moto alterno col cielo.
Si fa forte l’ala di chi sa andare alla terra.
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Ricerca
Questa corteccia della storia impaccio greve a forme più intense, fardello pesante al profondo e lì nella consistenza primaria congiunzioni indelebili trovo
cosmiche emozioni che gli eventi hanno cancellato
lì imploro il perché.
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Grani
di vero
Questi grani così pieni d’inesorabili spine, queste vesti di cenci che noi scopriamo soffrendo, questi fantasmi beffardi.
E l’uomo che cerca si piega sulla sua messe li coglie, li monda. Solo così è certo che son suoi e il cuore antico in loro disvela senza sbagliare.
Scavando come vomere nel pensiero li raggiunge di versi forma una veste semplice e chiara
e poi s’accorge che nella poesia la sua eleganza si svela.
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Nel
profondo
Proprio questo avviene la parola vera si dona la voce nuda sa scavare a fondo e lì un tuffo ardito.
Quale acqua sorgiva poi emerge se stringere nuove alleanze è possibile perché il profondo dà forza.
E diviene placido rivo che l’isola nutre così la linfa del tronco reca ori nella coppa del frutto.
Proprio questo avviene quando scendiamo nel fondo.
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Radici
Un albero agonizza rade foglie e verde sbiadito nel deserto che avanza omicida.
Stringono le radici un abbraccio di vita alla terra
col ramo sale al cielo una preghiera
nella foglia spasima l’azzurro
un raggio la sfiora
ascose armonie irresistibile richiamo infinito
si stende e con essa la pianta
devono le radici ferire ancora la terra piano profonde sottili.
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Ti
sento al
richiamo metafisico
Io nulla so di te ma ti sento come se stesso nel cavo monte l’eco avverte.
E tu continuerai ad avere le tue vie sotterranee guidando il cammino al pensiero ed io continuerò a sentirti stupefatta della vasta armonia che in me risuona
come su di sé la terra il vasto respiro del cielo avverte.
Là
Là cercherò te e solo smetterò il mio richiamo quando t’avrò trovato per dirti: “Ecco la mia isola”.
Sciolte le bende ed il cilicio avrò un respiro che dello spirto mio alle carezze s’abbandona.
Solo allora ti lascerò se vuoi andar via.
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Canto
del deserto
Anche il deserto deve aver il suo canto perciò stasera vivo in una nube di seta e tu non saprai perché quel buio ha la levità d’un velo e nelle vene d’ali un palpito canta e il velluto che le ciglia chiude poi sul labbro s’abbandona e tace.
Nel deserto la nube non si brucia ma vive in un miraggio nel deserto ride la beffa della vita, la roccia si sfarina e si fa duna al vento e rosa ma anche filtro è il deserto e scava
si vince col deserto.
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