Analisi di opere letterarie
Maria Luisa Spaziani
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Torri di vedetta (Milano, Crocetti, 1992) |
Le Torri di vedetta sono postazioni spinte sulle profondità
misteriose dell’animo e innalzate dai "sogni non realizzati, /
rami-fantasma di antiche foreste". Costruzioni di poeta, dunque, quando
gli echi di quelle "antiche foreste" diventano "macerie di
mattoni triturati" (9). "Così rispondo a grandi lontananze / qui
vibrando con nero su bianco" (12), testimonia
Dalla "Grande Muraglia", metafora degli estremi confini
umani, ella lancia la sua potente forza evocatrice e costruttrice che
coinvolge: "Se faccio un sogno, e poi / me ne nascono versi, / quei versi
sono il sogno / che sognate con me" (10). Ed è questa dimensione che
attira, "come l’alta marea che in silenzio / ogni volta risponde alla
luna", per le distanze e la fecondità che lascia intuire: "così mi
fondo agli eventi che taci, / barche filanti sull’onda del tuo nome" (12).
Postazioni di poeta, dunque. Dimensione che eleva le risorse umane:
"Vedrai, occhio di terra? So che avrò / una struggente fame / del colore
dell’aria. // Mano di terra, sfiorerai a marzo una radice che si sveglia?"
(12). Dimensione ancora che ha la forza purificante della memoria,
dell’attingimento alle radici: "bruciare" per rinascere ("Vengo
a bruciare fra i tuoi rami neri, / mio salmastro paese di neve, / in te rinasco
uccello del miracolo / nei silenzi scordati ") e che è essenziale e
pregnante come d’ogni "crudele assoluto" ("in una goccia ruotano
dei mondi, / perfino il sole è una pupilla cieca") (13).
È la "riva pietosa" che accoglie la sintesi potente e
disgregatrice: "Tu che rastremi in te ogni profondo / della mia
mente-cuore, / che fai vergini e chiare le parole / quotidiane, le dracme
corrose, / accogli le mie lettere: così / con la zattera è pietosa la
riva" (14). Situazione di poeta che sente la sua pesante realtà di terra
immerso com’è nel suoi "alibi" quotidiani ("mi porto / appresso
un sacco da pagliaccio in fiera. / Di volta in volta la mano ne trae / una
maschera ilare e terribile.") e che nello stesso tempo è abbracciato al
sogno che, se s’incarna è "un battito di ciglia, / un fantasma che l’alba
risucchia. / E se dura? la forza germogliante presto per un tiranno ti si
svela" (15).
Ma, si chiede
In questa sua dimensione
Destino di poeta: "Sono stata l’amante di quell’albero, della
cicogna altissima, della nuvola errabonda. / Ma soltanto ho sposato, con un
bacio che non finisce, / la rugiada marina che fa amara la lingua. // Aspetto
quella sposa sulla riva del mare / e non voglio più uomini, amiche né animali.
/ Ho aiutato il ragno a tessere la tela, / e finita la tela il ragno mi ha
mangiata" (27). Ma anche possibilità di poeta: poter trovare "ogni
verde perduto" (36); scoprire che "qualcosa non è morto" che
"trepida e misteriosa la speranza ha vinto, / come una vela nella gran
bonaccia / che dia fiducia al vento" (39); poter raccogliere
"messaggi essenziali" (43) che possano preziosamente valere, avere la
certezza che ogni "dolce perduto" è "limo prezioso che sempre
trabocca / inondando i miei campi di luce" (44); poter affidare ad
"arpeggi" di versi "le vibrazioni più profonde" della
memoria (45), cogliere i "disperati messaggi" del camposanto di
Montmartre, un "immenso veliero che naufraga in eterno" (48).
Possibilità di ritornare, in un viaggio che "s’infila come
rombo lontano" (35) nelle pieghe del tempo, a Parigi, che non sarà
"frottole per sogni" o "trappole per turisti" (37) ma
possibilità di nutrire la propria ispirazione perché per
Dalle sue torri al poeta si presentano ormai più alte prospettive.
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In "Riscontri", anno XVI, n. 3-4, luglio dicembre, 1994, pp. 114-115. |
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