Lettura di opere letterarie
La poesia di
Maria Luisa Spaziani
Donne in poesia (Venezia, Marsilio,
1992) |
Nell’ultima sua opera, Donne in poesia, Maria Luisa Spaziani intesse un ideale colloquio con "venti
poetesse mondiali" "fra Ottocento e Novecento" che vanno dalle
francesi Marceline Desbordes-Valmone,
Anne De Noailles, Marte Noël, Louise de Vilmorin, Simone Well, dalla
polacca Maria Krysinska e dalla rumena Iulla Hasdeu, entrambe
naturalizzate francesi "ultime splendide luci dell’Ottocento a
Parigi" (p. 67), alle Italiane Marianna Coffa,
Amalia Guglielminetti, Antonia Pozzi, Alfonsina
Storni, Vittoria Aganoor Pompilij,
Luisa Giaconi, Ada, Negri, alle tedesche Else Lasker-Schüler e Ingeborg Bachmann, alle russe Anna Achmatova
e Marina Cvetaeva, alla cilena Gabriela Mistral.
Il colloquio si concretizza in venti "interviste
immaginarie", come recita il sottotitolo, a più voci tra loro
complementari che si configurano come interventi da piani diversi, secondo le
esigenze di una sapiente regia. Le due voci principali
infatti si appoggiano a quella di un "narratore" che ha la
funzione di definire nella storia la figura poetica che si va delineando o di
riportare negli argini dell’intervista un tratto che
se ne allontanava preso dallo slancio emotivo. A queste voci di base se ne aggiungono altre, quasi evocate dal racconto, che sono di
personaggi importanti - è Il caso di Baudelaire e Verlaine per
Solo nel caso della Mistral, premio Nobel
cileno e console a Napoli nel 1948, l’intervistatore-Spaziani
prende eccezionalmente il posto della
"giovane scrittrice italiana che desiderava incontrarla" e alla quale
la stessa aveva fissato "un incontro nella casa di via Tasso dalle 1,0
alle 10,10 di un certo giovedì" quando "i dieci minuti, diventarono
due ore, poi l’intera giornata e poi, dopo l’ospitalità della notte, tutto il
giorno successivo" (p. 198).
Fanno parte integrante delle interviste i versi, che scaturiscono
dal colloquio come esigenza della biografia poetica, richiamati sia dal
narratore che dall’intervistatore, ma sono anche pura esigenza
di godimento estetico e allora nella scelta concordata o in taluni richiami si
svela la dislocazione affettiva e poetica che assimila le interlocutrici. A
suggellare la cifra elegiaca, del profilo ci sono le chiuse quasi
sempre coronate da alcuni versi o da un intero componimento a mo’ di
ideale epigrafe.
Con questa tecnica ogni pezzo diventa un prezioso atto unico, una petite pièce, che rivela nella poetessa
"torinese e romana", una particolare verve teatrale.
Sarà per l’amicale vocativo rivolto ad
ogni poetessa, sarà per il piglio agile e cordiale dove la confidenza è
spontanea, sarà per certi complici segni d’intesa, fatto sta che si hanno dei
profili così vivi nel breve spazio tipografico (non più di quindici pagine) e
così precisi nelle poche ma ben dosate linee focali cui le accortezze registiche danno maggior corpo, che realmente sembra veder
passare ogni protagonista col suo carico umano e poetico come sul palcoscenico
di un teatro.
È proprio questo portato personale, unito alla "passione"
dell’indagine, dichiarata ma ugualmente trasparente, e unificante sottofondo,
che è quel penetrare nell’ispirazione poetica ed è poi quel riuscire a
riprodurre in forma empatica il medesimo pathos
che porta alla poesia, che costituisce l’elemento qualificante, dell’opera. Le
interviste della Spaziani, poetessa e traduttrice,
rivelano infatti una profonda frequentazione ideale
con le poetesse e sono amorevolmente ma non impropriamente definite dalla
stessa con l’insistente aggettivazione "parapsicologiche".
Le esistenze di queste donne, tutte eccezionali eroine della
poesia - Il dramma di Antonia Pozzi, la tragica
vicenda della Coffa, l’avventura spirituale della Achmatova,
quella mistica della Noël, la straordinaria
esperienza della Mistral, le "incredibili sciagure"
della Desbordes, l’appassionata e breve esistenza
della Hasdeu, ma anche il genio femminile di Marianna
Cvekaeva o la "leggenda" della Losker-Schüler - sono intensamente rivissute nel colloquio
realizzando, in virtù delle affinità elettive che uniscono i poeti, un
territorio comune d’incontro molto suggestivo.
Per tutto ciò questi incontri col poeta si trasformano in
confidenziali chiacchierate di persone in ideale sintonia. Ma
c’è di più.
Amabilmente introdotto nella vicenda poetica dell’intervistata, il
lettore ne avverte il fascino, la sente vicina,
scoprendo che la poesia è la più alta attività dell’uomo ed è anche la più
umana perché riesce ad attingere alle sue stesse ricchezze e perché è sempre
una risposta alle sue stesse vicende. Con pochi tocchi, che sono la naturalezza
del poeta, l’autrice fa tendere al lettore l’orecchio" all’interno"
gli fa volgere gli occhi dentro - è un disvelamento
inatteso per chi è distratto da voci di superficie - per cui
anche lui può, terminando la lettura dell’opera, convenire con le parole di
commiato alla Dickinson: "è stata una gioia
profonda avvicinarsi un po’ alla sua vita. L’ho vista come riflessa in un lago
trasparente senza il peso della precisione dell’aneddoto e senza lo scrupolo
del filologo" (p. 34).
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In "Riscontri", anno XVI, n. 1-2, gennaio-giugno, 1994. |
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