Leggere le Scritture
Testi di
Gioacchino La Greca
Il battesimo di Cristo di Piero della Francesca
Il Vangelo di Giovanni, è stato definito il vangelo teologico per
eccellenza, visto che anche i cosiddetti “sinottici” sono delle grandi opere
teologiche. Ma questo rimarcare la specificità teologica del Quarto Vangelo
risiede nel fatto non secondario che è stato definito anche “mistico”. Un
vangelo mistico che nella pura accezione del termine sta a significare la
scoperta di una realtà che va al di là delle apparenze e degli strati
superficiali, per far vedere agli iniziati di questo vangelo una realtà
divina che trascende la realtà fisica e la innalza fino a Dio. Questo avviene nel vangelo attraverso tre stadi che potremmo
definire della "purgazione, illuminazione,
unione", come dice la Underhill. Altra
caratteristica di questo vangelo sono i grandi discorsi che Gesù intavola coi
suoi discepoli, o con i Giudei, o con le folle, discorsi che potremmo
definire esplicativi di un programma divino o progetto, ma che spesso
diventano enigmatici ai più o a coloro che gli sono avversari. Così come è
scritto nel prologo dello stesso vangelo, che coloro che sono nelle tenebre
non l'hanno accolto; cosa possibile invece agli iniziati che già sono nella
luce e accolgono e fanno la verità. Il vangelo presenta solo due aggiunte: il capitolo 8, 1 con
l'episodio della adultera, che nessuna comunità voleva nel proprio vangelo, e
il capitolo finale 21, aggiunto postumo. Il quarto vangelo si pensa sia stato
composto da una comunità di cristiani ebrei che erano perseguitati dai
loro connazionali, per cui erano già a conoscenza dei fatti narrati nei
sinottici e avevano esperienza della comunità cristiana. È curioso constatare
come da perseguitata, questa comunità e religione diventeranno nel corso dei
secoli persecutori di altri popoli e comunità. Vi si scorge nella struttura
letteraria e ancor di più teologica, come tutto ruoti attorno alla conversione,
conoscenza e comunione con Dio attraverso il Logos-Figlio, per mezzo del
quale tutto è stato creato di ciò che esiste e per mezzo del quale gli uomini
hanno la vita e la luce che è la vita degli uomini. Fin dalle prime battute,
dopo il Prologo in cui viene presentato il Figlio, in quello che possiamo
definire “prologo divino”, si ha il “prologo terrestre”, in cui viene
presentato il Precursore, Giovanni Battista, detto così perchè somministra il
battesimo nel Giordano alle folle e allo stesso Gesù. Questo perchè in tutto
il vangelo, i sacramenti del Battesimo e della Eucaristia vengono trattati
sempre e comunque e ritornano alla attenzione del lettore, il quale
attraverso la piena comprensione di essi deve intraprendere quel cammino catecumenale di iniziazione verso l'unione mistica col
Figlio e il Padre, formando così "una cosa sola". Una grande importanza ha l'Acqua in questo vangelo, l'acqua che
rappresenta il simbolo della purificazione, sia rituale della legge, che del
battesimo. E Giovanni Battista appare subito nel prologo e sarà presente come
l'acqua, fino alla fine del vangelo, quando Gesù richiama Pietro al vero
significato messianico, definendolo "figlio di Giovanni", non solo
per la dimostrata incapacità a comprendere il messaggio, ma anche come una
quasi investitura a completare l'opera del Battista di annuncio, finalmente,
del vero Messia. Questo fa pensare che la comunità giovannea dava grande
importanza al battesimo e all'eucaristia, come cammino catecumenale o iniziatico di
illuminazione verso il Logos al quale appartiene la creazione e per mezzo del
quale essa si realizza. Notiamo come il vangelo inizia con l'acqua del
fiume Giordano con cui Giovanni Battista somministra il Battesimo, e termina
con un tuffo completo di Pietro nel mare di Tiberiade (cap. 21), per andare
incontro a Gesù che era apparso sulla riva. Un vero e proprio battesimo di
conversione da parte di Pietro, che, su indicazione del discepolo amato,
riconosce il suo Signore. Ma durante lo svolgersi della narrazione evangelica
precedente, Gesù corregge il tiro sul battesimo di acqua, cosi come fa lo
stesso Battista, che, affermando che dopo di lui verrà uno più forte
che battezzerà con acqua e fuoco (Spirito), annunzia il vero battesimo
in Spirito. Così come Gesù annuncia a Nicodemo che bisogna nascere di nuovo
"dall'alto". E come è possibile ciò? solo per mezzo dello Spirito.
Inoltre sulla croce l'acqua è ancora presente quando esce dal costato ferito
e Gesù emette lo spirito, un altro battesimo in acqua e spirito, quindi, mentre
l'acqua del rito, fin dall'inizio viene cambiata in vino, perchè non la legge
è intermediaria tra Dio e l'uomo, ma l'amore che permette l'unione col
Logos-Figlio. E dallo stesso costato assieme all'acqua, sgorga il sangue a
completare quel quadro eucaristico in cui Gesù aveva annunziato che bisogna
mangiare il suo corpo e bere il suo sangue. Un vero battesimo e una vera
eucaristia sulla croce, il tutto mentre Gesù dona lo Spirito ai discepoli
fermi coraggiosamente ai piedi della croce ad accogliere ciò che era stato
loro annunciato. E poi ancora l'acqua protagonista nella terra di Samaria, con la donna samaritana, Gesù che le dice
"chi beve questa acqua non avrà più sete"; e poi l'acqua alla
piscina di Betesda quando guarisce il paralitico, e
alla fontana di Siloe quando dona la vista al cieco
nato. Due episodi che hanno esito contrastante per ciò che riguarda l'effetto
del segno operato da Gesù sul paralitico e sul cieco, entrambi iniziati a
nuova vita nell'acqua. Il paralitico tradisce Gesù nel tempio, accusandolo
davanti al sommo sacerdote per la trasgressione del sabato. Il cieco nato
come la samaritana, ne dà testimonianza come di profeta di Dio. Questo sta a
significare che non è tanto il rito sacramentale a convertire, quando invece
la disposizione del cuore a cambiare vita. E Gesù conosce bene questo
effetto, e l'evangelista lo sa, così che fa dire a Gesù "Se non
credete alle mie parole, credete almeno alle opere che compio in nome del
Padre che mi ha mandato". Il cieco nato diventa tutti noi quando
"apriamo gli occhi" sulla realtà divina. Egli è l'illuminato, colui
che riceve la conoscenza, e crede perchè si fida della parola di Gesù, che è
colui che gli ha aperto gli occhi. In tal senso la sua fede è equiparabile a
quella di Maria, che nelle nozze di Cana,
nonostante la seccata risposta del Figlio non si arrende e dice ai servitori
di fare "qualunque cosa lui vi dirà". Pensiamo un poco ai nostri bravi correligionari, ai nostri
fratelli di fede, così sicuri di essere nella luce e nella verità perchè la
religione dà loro questa sicurezza. Non sono forse come i farisei rispettosi
della legge e della Torah? Qual è il giusto
orientamento da osservare? Sicuramente non verso il rito e la dottrina, che
possono portarci a sbagliare come il paralitico, ligio alla legge del sabato,
e rinnegare Gesù, che pensiamo di onorare. Come il Battesimo, anche
l'Eucaristia ha gran parte nel Vangelo di Giovanni, e la trattazione fuori
dagli schemi usuali dei sinottici fa sempre pensare che la comunità giovannea
fosse a conoscenza dei riti eucaristici. Gesù opera diversi banchetti
eucaristici, con la condivisione dei pani e dei pesci, a 5000 persone, dopo
aver fatto toccare con mano ai suoi discepoli come ragionando col criterio
dell'egoismo e non del servizio, non si può operare per il bene e a favore
degli altri. Filippo infatti aveva calcolato che sarebbero stati necessari
più di 200 denari per sfamare quella gente, e Andrea era intimorito a
presentare il poco che era riuscito a raccogliere, 5 pani e 2 pesci. Eppure
Gesù opera il segno grandioso della condivisione, poichè
quando si mette in comune il poco di tutti, questo basta e avanza anche per
altri. Ecco perchè alla conclusione del vangelo, in appendice, la comunità ha
voluto mettere l'episodio della pesca miracolosa e della condivisione del
pane e del companatico col maestro risorto. Il Vangelo di Giovanni è il vangelo del Battesimo, necessario per
diventare cristiani, cioè far parte della comunità di Gesù, ma poi non sufficiente
a mantenere tale status se non viene confermato dallo spirito
dell'Eucaristia. Invece Giovanni curiosamente mette come episodio significativo
dell'ultimo incontro coi discepoli, prima della morte, un episodio che come
quello della lavanda dei piedi svela tutto il significato del sacramento
della Eucaristia. Non più rito commemorativo e celebrativo, ma tensione
vitale e atteggiamento costruttivo di una vita volta al servizio del
prossimo, in modo da rendere fattibile la parola di Gesù: "chi vuole
essere primo nel regno dei cieli, si faccia ultimo e simile al servo". È
indubitabile che quello deve essere lo Spirito che vivifica la vita del
credente, non legata a riti e dottrine, ma ad un atteggiamento che possa fare
di chi crede un segno affinchè gli altri vedendolo,
possano a loro volta credere. Ognuno di noi deve essere “tempio” da cui emana la gloria di Dio.
In tal modo l'esperienza dell'illuminazione mistica è un evento che sconvolge
e ricostruisce il mondo, come il battesimo che equivale alla morte nell'acqua
e al risorgere nella nuova vita. Tale esperienza radica la nostra visione del
mondo non più nella tradizione o in sistemi intellettuali o religiosi, ma
nell'irremovibile ricordo di un incontro immediato, personale e intimo con la
Realtà ultima. Tutto deve mirare nella vita del credente illuminato, alla
unità col Creatore, al Padre tramite il Figlio-Logos; e questa unione deve
avvenire tramite lo stesso amore che unisce il Figlio al Padre e a noi
stessi. Quando Gesù parla del "mondo" e del suo"principe",
vuole indicare la separazione della creatura dal suo artefice, e il suo
compito altro non è che ricondurre noi e il mondo separati, all'unità con
Dio. E di questo lui ha massima cura, ringrazia il Padre di averglieli dati,
e lui li ha custoditi fino alla fine, e non li lascerà mai soli, neanche dopo
che ritornerà al Padre perchè al suo posto manderà lo Spirito. È bellissima
questa custodia di Gesù nei nostri confronti, una custodia che ci rende
preziosi al punto che lui dona la vita per salvare colui che chiama
"amici"; "Se cercate me, lasciate almeno liberi loro"
dice alle guardie che sono venuti a prelevarlo. Il buon pastore dà la vita
per le sue pecore, egli ci lascia, e manda lo Spirito a custodirci. E quale è
il compito dello Spirito? Quello di rendere sempre presente in mezzo alla
comunità dei credenti l'amore che unisce, che rende nel tempo quella unità
non solo misticamente intesa tra il credente e Dio, ma tra gli stessi
credenti, in modo che questa unità amorosa diventi il viaggio di ritorno
sulla strada della nostra origine divina. Eppure la via che ci riporta al Creatore è difficile per noi abitanti di questo "mondo", impossibile senza la Via aperta e tracciata da Gesù. Abbiamo visto come i primi passi mossi su questa strada possono essere sciocchi e frivoli, come nella conversione, o grossolanamente materialistici ed esteriori come nel battesimo e nella eucaristia. Ma fanno parte della stessa strada che conduce alla nuova vita e all'illuminazione all'unione con Dio e gli altri credenti. Essa viene concessa attraverso lo Spirito, che va sotto il nome di Amore, che costituisce l'essenza della comunità dei credenti. |
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