Leggere le Scritture

Testi di Gioacchino La Greca

 

Introduzione

CONOSCERE, CRESCERE, CREDERE

 

 

In una luminosa giornata di un maggio siciliano, qualche anno fa, partecipavo ad un congresso scientifico, e nella sala, presenti credo in 400 o forse più, eravamo in attesa della relazione del presidente molto atteso, ma non per questo in religioso silenzio. Quando fu tutto pronto egli cominciò a parlare senza nessun richiamo all'attenzione e al silenzio, ma le sue prime parole furono queste: “In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio”1. Il silenzio e l’ordine furono istantanei, tombali, e la relazione iniziò. Ma io rimasi letteralmente colpito e anche emozionato da quell’esordio cosi elevato, e ad un tratto mi resi conto di come il sostantivo greco “Logos”, pronunciato in quel consesso avesse assunto veramente il suo principale significato di Ordine, oltre che di Ragione e Verbo. Restai col pensiero fisso alle parole pronunciate che fanno parte del Prologo del Vangelo di Giovanni, le avevo sempre recitate meccanicamente, ma mai avevo inteso il senso profondo che esse volevano trasmetterci.

Nacque in me imperioso e impetuoso come un fiume in piena un desiderio, una curiosità ardente di cominciare a conoscere e ad approfondire quegli scritti, detti sacri, ove la nostra religione dice, a ragione, che vi è la Parola di Dio, che in essa vi sia la Verità Rivelata, che approfondirò, dove in sostanza si può trovare la strada che dovremmo percorrere per la nostra salvezza.  Sono convinto che tante volte ognuno di noi ha avuto nel cuore tale desiderio, e che si sia messo in mano la Bibbia per iniziare un faticoso e lento cammino di apprendimento di essa. Anche io lo avevo fatto in passato, ma l’approccio sbagliato alle Sacre Scritture era stato scoraggiante e  tale da farmi desistere dall’impresa. Non ci si può avvicinare ad esse come se dovessimo leggere un romanzo o una narrativa qualsiasi, ma stavolta ero deciso a non demordere e ad usare le giuste armi.

Ho iniziato uno studio personale e un approfondimento dei principi teologici fondamentali, ricavandone una conoscenza che potesse farmi districare tra termini non consueti; ho preso in mano dei libri di esegesi ed ermeneutica per cercare di comprendere ciò che gli autori tanti secoli fa avessero voluto dirci con linguaggio di allora e non con il nostro; e poi autori moderni e teologi e filosofi che potessero darmi uno spirito critico per discernere ciò che è da accettare e quello che invece stride con il buon senso e con la ragione.

L’opera che mi accingo a compiere è il frutto di uno studio cercato e voluto, quando più approfonditamente possibile, che un profano, avvezzo ad altro, ha voluto porre all’attenzione dei lettori, per dimostrare che Sacra Scrittura, Teologia e Filosofia non sono solamente roba da addetti ai lavori e da preti, ma che una giusta dose di curiosità e di volontà di padroneggiare gli argomenti della fede, quae creditur, possano essere gli stimoli giusti per affrontare anche a livello di abc, i capitoli di questo libro. Sono perfettamente consapevole che parlare di qualcosa e qualcuno sui quali si sono costruiti filosofie, religioni, dottrine, può sembrare appropriazione indebita di ruolo altrui e impresa impossibile da farsi, ma un cuore sincero e una fede in costruzione mi spingono all’agone.

Voglio che quel barlume di luce, necessario per intravedere la strada che si è accesa dentro la mia vita, possa servire ed essere utile a chi ancora brancola nel buio. Attenzione, però, sarà anche un’opera critica su certi aspetti, non sarà una semplice apologia, cioè discorso elevato, sarà anche esaltazione del dubbio, ma la fede, si sa, cresce anche  nel dubbio. Una fede che si nutre di certezze dottrinarie e dogmatiche serve poco alla vita, forse ci rende benemeriti agli occhi del mondo, ma così avremo già avuto la nostra ricompensa. La fede deve nutrirsi della vita, con le sue contraddizioni e antinomie, da cui evolve la realtà che ci circonda. E questa realtà spesso è dura, ostile, non misericordiosa, sembra che voglia dirci che Dio è assente, lontano, impassibile. Ma l’uomo non saprebbe che farsene di un Dio così, trascendente e impotente di fronte al male, oppure onnipotente e non buono se il male lo permette.

Affronterò tanti luoghi comuni da sfatare sul Vangelo, cercando di dare di esse una lettura corretta in certe parti che ho reputato importanti per dare altre chiavi di lettura che vadano oltre la consueta e a volte banale interpretazione che riceviamo la domenica. A tal proposito mi piace ricordare una battuta di un mio maestro “Se durante la predica vi prende l’abbiocco non preoccupatevi, è lo Spirito Santo che vi copre per non farvi sentire sciocchezze”. Vi assicuro che è così, scusatemi, ma se ne sentono eccome!

Credo che il filo conduttore dei capitoli che seguiranno sarà quello della conoscenza che, come dice il titolo, cercherà di farci approdare ad una fase di crescita di fede, magari non credulona, superstiziosa, ma più libera per credere Dio nella sua vera essenza di Padre e Amore. E, come dice il Prologo che all’inizio citavo ”Dio nessuno lo ha mai visto, solo il Figlio ce lo ha rivelato”, la conoscenza di Dio passerà necessariamente e non può essere diversamente, dalla conoscenza di Gesù che noi ricaveremo dai vangeli e solo da essi. Vorrei far notare come l’incipit del Vangelo di Giovanni, che ho usato all’inizio, sia stato da papa Benedetto XVI  definito “fondamentale” e io ne sono orgoglioso, perché ho sempre pensato che a questo vangelo e al suo prologo spetterebbero un posto d’onore anche nelle celebrazioni liturgiche, cosa che invece non è, visto il ruolo marginale che esso vi occupa.

 

1. È il prologo del Vangelo di Giovanni,  detto non sinottico, perché presenta differenze rispetto ai tre sinottici che hanno alcune somiglianze, dovute al fatto che dal Vangelo di Marco, Luca sembra abbia la fonte.

 

 

 

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