Leggere le
Scritture
Testi di
Gioacchino La Greca
COME STRAVOLGERE IL
VANGELO
Padre di chi?
La preghiera di Gesù
Discorso
della Montagna
del Beato Angelico
Qualche tempo fa, un Natale tra i tanti, ho ricevuto un bel
santino, e tra tutte le cose carine ivi poste, anche un commento del Padre Nostro
da meditare e possibilmente comprendere. La mia coscienza di credente non ha potuto fare a meno di
riflettere a lungo su ciò che vi è stato vergato da mani e menti
teologicamente e per fede, sicuramente più forti delle mie, ma mi chiedo, e
chiedo a voi, quello che trovate in queste righe, secondo voi, risponde più
ai dettati del Vangelo o a quelli di chi vorrebbe che così fosse
effettivamente la preghiera che il Cristo proclamò alla chiusura del Discorso
della montagna? Ecco il testo: "Non
dire Padre, se non ti comporti da figlio; non dire Nostro, se vivi isolato
nel tuo egoismo; non dire Che sei nei cieli, se pensi solo alle cose terrene;
non dire Sia santificato il tuo nome, se non lo onori; non dire Venga il tuo
regno, se lo confondi con il successo materiale; non dire Sia fatta la tua
volontà, se non l'accetti quando è dolorosa; non dire Donaci oggi il nostro
pane, se non ti preoccupi della gente che ha fame; non dire Perdona i nostri
debiti, se conservi rancore verso tuo fratello; non dire Non lasciarci cadere
nella tentazione, se hai intenzione di continuare a peccare; non dire
Liberaci dal male, se non prendi posizione contro il male; non dire Amen se
non prendi sul serio le parole del Padre nostro". Io prima di lanciarmi nel commento di queste a dir poco
stupefacenti frasi, recito in cuor mio una preghiera di riparazione per
mortificare il mio orgoglio umano che si sta permettendo di osare tanto, ma
quando il Vangelo viene letteralmente ignorato, tutti dobbiamo reagire, con
la carità del cuore e la sapienza che può darci lo Spirito, essendo certi che
il Dio che piegò i superbi e precipitò i potenti dai troni non eserciterà su
di noi tale facoltà, poiché è tipico dell'essere superiore mostrare clemenza e
misericordia a chi è più piccolo per condizione e stato, come in effetti
siamo noi. Come spesso accade col Vangelo in mano ai teologi e agli
scribi, il suo significato originario viene rovesciato nel verso opposto a
quello che Gesù ha consegnato alla comunità: quella che è una esortazione
positiva ad "essere" diventa imposizione negativa a "non dire,
non fare, non avere", perché quando all'amore che ti dice di accogliere,
si sostituisce l'autorità, questa comanda e dispone, non esorta ma impone. Tante energie sarebbero dovute confluire in una più corretta
interpretazione di questa unica invocazione e preghiera che Gesù ci ha
lasciato, sia come testimonianza che come conseguenza della legge d'amore, la
quale ci consente di chiamare Dio Padre Nostro, non come figli, ma come facenti
parte della comunità di Gesù, e il fatto che Dio è nei cieli non dipende da
quello che noi facciamo sulla terra, ma dalla sua condizione che è divina. Il nome di Dio non è santificato dall'onore che gli tributiamo, non gli serve,
ma indica la sua attività di Creatore come Padre, ed è santificato perché è
separato dal male. Il suo Regno verrà, non quando saremo tutti spiritualizzati o santificati,
che c'entra il materialismo! Verrà quando la comunità dei credenti, tutta
l'umanità si impegnerà a realizzare il progetto d'amore di Dio, secondo il
compimento della sua volontà. Questa, a sua volta, non è accettare il male come dono di Dio,
così come il bene, essi fanno parte della vita ma non del progetto di Dio, il
male come corruzione del bene esiste solo nel mondo. Il bene è della sfera divina, e le disgrazie non vanno accettate con
un amen, non è Dio che castiga e premia secondo meriti e demeriti. Guai a chi
ancora coltiva tali visioni di Dio: è la religione che le inculca per tenerci,
magari suo malgrado, prigionieri del dolore e della paura. Cristo è venuto a
liberarci da queste paure e dalla religione, è morto per queste cose! La nostra fede non deve essere una fede di paura e di timore verso qualcosa
o qualcuno più grandi e forti di noi, ma una fede di amore di Dio e del
Cristo. Egli è il pane
quotidiano della vita, Gesù è il pane di Dio, e noi dobbiamo essere come Lui,
il pane spezzato per gli altri. Dio perdona le nostre
colpe quando noi perdoniamo le colpe degli altri, qui stranamente siamo
d'accordo, eppure Gesù parlava proprio di debiti economici, vuol dire che è
più facile perdonare che condonare! E poi cosa c'entra il
peccato con la tentazione, vocabolo mal tradotto dalla tradizione
cattolica? Il versetto significa non farci mancare la fede quando saremo
nella prova delle persecuzioni e delle tribolazioni della croce, così come è
detto nelle Beatitudini "beati i perseguitati per la giustizia", ed
essere liberi dalla tentazione di esercitare il male del mondo sugli altri,
cioè il potere, il dominio e la sopraffazione. Ecco adesso abbiamo due spunti sui quali riflettere, quella
della diocesi, anzi arcidiocesi, verso la quale mostro rispetto, ma non
supina accettazione, e l'altra versione, quella degli spiriti aperti e liberi
pronti all'accoglienza dell'amore di Cristo. Piegarsi al principio di
autorità e non riconoscere il principio della autenticità sarebbe
imperdonabile. |
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Immagine:
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