Leggere le
Scritture
Testi di
Gioacchino La Greca
RELIGIONE E PECCATO
I
Sette peccati capitali
attribuito a Hieronymus Bosch
I
dalla religione alla fede, dal peccato alla grazia.
Il senso religioso nell’uomo si è evoluto con il progredire
della conoscenza, così che dal primordiale senso di panico di fronte agli
eventi naturali, più o meno sconvolgenti, il misterium tremens, e al senso del mistero di fronte alla vita e
alla morte che si succedevano sotto i propri impotenti occhi, misterium fascinans, la religione ha
occupato ed occupa un posto preminente tra le attività umane. La religione è stata così vista come il tentativo di piegare
il volere divino alla volontà umana, prendendo la forma di riti magici e
superstiziosi. Altre volte è stata il tentativo di placare divinità irate e
irascibili con sacrifici e riti umani e animali, ma anche della stessa
divinità. In ogni caso possiamo indicare con questo termine le diverse forme
di culto e di precetti che gli uomini elaborano e applicano alla loro vita
per piacere a Dio e ingraziarselo, oltre che ringraziarlo. Dobbiamo occuparci della nostra religiosità, dello studio
della nostra religione, ad essa adatteremo quindi il nostro dialogare. La
nostra religione, il cristianesimo, fu agli albori del 1° secolo, una
religione perseguitata, in cui a prevalere non erano i riti e il culto veri e
propri, ma Quindi Legge e Religione
erano adatte all’infanzia dell’umanità, mentre poi con Gesù arriva il momento
della maturità e della fede, libera e raziocinante. Essa per essere tale deve
essere al servizio e alla ricerca della verità, deve confrontarsi con la vita
reale, e deve chiedere perciò l’ausilio della ragione e della scienza per
conoscere, e non asservirle a una idea già precostituita di verità parziale o
impianti dogmatici indimostrabili e non razionali. Il nostro avere fede come cristiani è trovare nel messaggio di
Gesù, quello specifico del cristianesimo che è l’Antropocentrismo teologico, cioè il legare la volontà di Dio al
bene dell’uomo (1) come dice Vito Mancuso, dove il nucleo sorgivo del
cristianesimo è l’Amore di Dio come amore dell’uomo. Con Come è uscito Gesù dalla religione? Semplicemente da Dio
facendosi uomo. Ecco come lo spiega padre Alberto Maggi: “con la religione e
per mezzo di essa, erano gli uomini che volevano salire fino a Dio, mentre
con Gesù, Dio scende e si abbassa per incontrare gli uomini”. Nella religione
abbiamo un Dio che vuole tutto l’uomo per sè, il popolo, la fedeltà, il
servizio, in cambio della terra promessa e della potenza di Israele. Egli
giudica, assolve e talora condanna, vuole sacrifici e offerte. Con Cristo noi
abbiamo fede in un Dio che potenzia l’uomo comunicandogli tutta la sua
capacità d’amore. Gesù non è venuto a proporre una religione e insegnarcela,
ma è venuto per trasmetterci una fede, fede in un Dio che ama l’uomo, e
l’uomo risponde a questo amore con fiducioso abbandono. Quindi non più
adorare Dio ossequiando e osservando una fredda legge, su cui era basata
un’antica Alleanza, ma una nuova Amicizia basata sulla accoglienza dell’amore
e della sua attuazione che ci rende somiglianti a Dio. Dice S. Paolo (Galati 3,13) ”Cristo ci ha riscattati dalla
maledizione della legge, diventando lui stesso maledetto per la morte in
croce” e la forza della legge è il peccato. Gesù ha liberato gli uomini dal
peccato inventato dalla legge e dalla religione per tenere sottomessi gli
uomini al suo potere. Nel portare avanti la sua missione di liberazione
dell’uomo, Gesù non ha timore di trasgredire legge e religiosità. Egli
infatti tocca e guarisce il lebbroso (Mc 1,41), dimostrando così che non è
vero che l’uomo deve purificarsi per andare a Dio, visto che il lebbroso è
considerato impuro dalla religione, ma è l’accoglienza di Dio che purifica
l’uomo dalla sua impurità.. Non è l’impurità del lebbroso che contamina Gesù,
ma la purezza di Gesù purifica il lebbroso (A. Maggi). Però per Dio non tollera che l’uomo possa essere discriminato tra puro
e impuro. L’amore di Dio è universale e vuole raggiungere tutti e tutto,
indipendentemente dalla condotta e dal comportamento di ognuno. E non a caso
il vangelo, dopo l’episodio del lebbroso, narra l’episodio del Paralitico
che, trasportato dai quattro viene assieme a loro ad incontrare Gesù,
sfidando l’ostacolo della casa di Israele ed entrando dal tetto. I quattro
che trasportano il paralitico sono i rappresentanti del mondo pagano che
vogliono incontrare Gesù, il quale non esclude nessuno dall’amore del Padre,
di cui invece si ritengono detentori privilegiati gli ebrei che si affollano
nella casa e fuori di essa. Vedendo la fede dei quattro Gesù non dice, come
ci saremmo aspettati, “Figliolo alzati e cammina, ti guarisco”. No. Dice
invece “ti sono cancellati i peccati”. È una delle poche volte che Gesù
pronunzia questa parola, stavolta lo fa davanti agli Scribi che in Israele
sono i detentori della Legge e coloro che la fanno rispettare. Essi sanno che
solo Dio può cancellare i peccati, e perciò accusano Gesù di bestemmia.. Peccato significa direzione sbagliata di vita, la quale però
inverte la marcia quando si viene a incontrare Gesù. Ecco allora che opera la
conversione, cioè si dà un orientamento diverso alla propria vita e al
proprio agire. Nei Vangeli In quel momento allora si ha la dimostrazione che Dio perdona
le mie colpe se anche io avrò concesso perdono agli altri. L’inizio di una
nuova vita non più paralizzata in un lettuccio dal peccato, è più importante
per Gesù del chiedere perdono a Dio e della purificazione. Quando l’uomo che vive nel peccato incontra Gesù e orienta
diversamente la propria esistenza dirigendola verso gli altri, non ha
cancellato soltanto il peccato, ma riceve l’effusione da parte di Dio di una
energia vitale che è quella dello Spirito Santo (A. Maggi) che ci indirizza
ad amare e servire il prossimo cosù come ci ha insegnato Gesù. Riflettiamo ancora un momento su cosa possa significare una
visione amartio centrica della
religione cristiana e delle sue conseguenze sulla vita dei credenti. Una
visione religiosa incentrata sul peccato prevede una vita esclusivamente di
espiazione da esso, perché l’uomo indegno di avvicinarsi a Dio, deve prima
purificarsi e debitamente contrirsi in cuore per ottenere il perdono. Tutto
ciò discende dal peccato originale che ha introdotto nel mondo la sofferenza
e la morte, prima assenti perché il creato era perfetto. L’invidia del
demonio introdusse il peccato e le sue conseguenze. Questa teologia serve a
correggere quasi una iniziale direzione sbagliata della creazione, e poiché
questa è opera di Dio, che è infallibile, ecco trovati i colpevoli: il
diavolo e il peccato. L’uomo diventa così continuamente preda di essi e le
sue cadute vengono riscattate da un sacrificio in croce da parte di Cristo,
che fa esultare i pessimisti visionari di una religione e di una spiritualità
funerea, che vedono nel Cristo crocifisso esclusivamente il Redentore di una
umanità peccatrice, giustificando così il dolore e la sofferenza del mondo.
La nostra religione invece è basata su un messaggio evangelico che trasuda libertà
e amore, che parla di giustizia e di bene, di compassione e di misericordia.
Abbiamo perso di vista nei 20 secoli precedenti questi obbiettivi, ci siamo
smarriti dietro una teologia che scimmiottando la filosofia greca, ha
inseguito il vacuo sogno della verità, e quando abbiamo capito di averla
erroneamente raggiunta, ci siamo preoccupati di custodirla in teche
inattaccabili di dogmi e teorie che dovevano preservarla dalla corruttibilità
degli eventi umani. Abbiamo tralasciato di seguire l’unico e vero motivo di
cui noi dovremmo farci motore di ricerca continua: il bene dell’uomo, la sua
piena e completa realizzazione, la sua libertà e salvezza integrale, quello
per cui Cristo diede la vita. La visione di Gesù era semplice e fantastica,
egli non parlava mai di se stesso dicendo che era Dio o era la stessa cosa
del Padre. La sua identificazione era però totale, “Io e il Padre siamo Uno”,
e la stessa cosa voleva per i suoi discepoli. Gesù mai pretese il perdono dei peccati come necessario per
avvicinarsi a lui, anzi era lui stesso che si avvicinava ai peccatori e ai
pubblicani, instaurando una intimità di sentire che vedeva accomunati nella
stessa mensa pagani e prostitute, quelli che precedevano il popolo cosiddetto
eletto nel regno dei cieli. Nessun peccato era discriminante per accedere
alla stessa sua mensa, e che cosa è questa mensa se non quella eucaristica?
Se il Dio con noi non poneva barriere morali e religiose fra sè e il peccatore,
chi in suo nome può escludere dalla mensa eucaristica chi si accosta con
cuore predisposto, e tale da essere giudicato indegno? |
II
il potere del peccato
Nella fede che professiamo il peccato e la grazia sono due realtà
speculari e contrapposte, ma a seconda del punto di vista con cui si guardano
varia la sostanza. Lo slittamento verso il peccato è stato un processo graduale
nella storia della chiesa. Nei primi secoli del cristianesimo la prassi
penitenziale era volta a sedare le controversie fra i membri della comunità
che prima di portare le offerte dovevano essere riappacificati, come diceva
il Vangelo, o dirlo all’assemblea. Questa era la penitenza Pubblica in auge
allora. Nel 5° e 6° secolo si aggiunse il Battesimo, che cancellava tutti i
peccati, ma siccome poi si continuava a peccare si introdusse la penitenza
Privata, che poteva essere reiterata. Nel 7° secolo sorse l’esigenza di
ordinare in Libri penitenziali, o Canoni, le norme che commisuravano le
penitenze ai peccati, la cosiddetta Penitenza Tariffata, in modo da rendere
omogeneo da luogo a luogo l’espiazione della colpa. Si parla di tribunale di
Dio che non interferisce con i tribunali secolari, o civili, a tal punto che
è in auge l’Ordalia o giudizio di Dio, che con “tortura” serviva a rendere
manifesta l’innocenza o la colpevolezza dell’accusato. L’ordalia resta in
auge fino al 1215, anno del 4° Concilio Lateranense. Fu Abelardo, profeta e
monaco, che respinse la logica tra pena e peccato, così come era nella
Penitenza tariffata, mettendo al centro Per una chiesa che stava assumendo i poteri sulle coscienze
non poteva esserci tesi più pericolosa e Abelardo fu condannato nel Concilio
di Sens (1140). Fu un altro monaco, Bernardo da Chiaravalle, non per nulla
santo, che suggerì al papa Eugenio III, suo discepolo (Prodi Paolo) che il
potere della chiesa non stava nei possessi e nelle ricchezze, ma nella
gestione dei delitti e delle pene, della punizione e del perdono, cioè in
criminibus. Diceva infatti “Quale dignità e potestà ti sembra maggiore,
rimettere i peccati o spartire i possedimenti?” Risulta così con grande chiarezza, il concetto acquisito nella
chiesa riformata da Gregorio: il rapporto stretto tra Peccato e Potere. Ed è
sul peccato che Innocenzo III fonderà il potere temporale, perché potendo
intervenire nelle cose secolari in ragione del peccato, ed essendo il peccato
universale, anche il potere del papa diventa universale. Nasce così la
costruzione di un sistema di giustizia parallelo a quello secolare
congiungendo il foro interno della coscienza e di Dio con il tribunale della
chiesa. Con Gregorio 7° la giustizia di Dio diventa la norma assoluta di
riferimento di ogni comportamento umano che si incarna nella chiesa romana.
Nasce la codificazione canonica che nella povertà di un unico linguaggio
giuridico unisce tra loro cose diverse: precetti e canoni, norme romane e
barbare, leggi del cielo e della terra. Si afferma quindi anche il potere di
coercizione materiale della Chiesa fino alla condanna a morte di eretici e
peccatori che minano la società cristiana. Questa persecuzione Anselmo da
Lucca la giustificava con la legge mosaica “Mosè non fece nulla di crudele
quando su ordine del Signore trucidò alcuni”. Si instaura così un sistema che porta il Papa ad essere non
soltanto il garante del diritto, ma anche il supremo e onnipresente giudice
della cristianità, non solo emanando nuove leggi, ma anche con il monopolio
dell’interpretazione e l’uso della dispensa. Si crea in effetti un sistema
piramidale con ai vertici Dio che però viene incorporato nella chiesa. Ciò
avviene perché si compie l’identificazione di Dio con la natura dove il diritto
e la giustizia divina perdono la loro alterità, e, attraverso la natura, si
possono padroneggiare. Infatti i Padri della Chiesa avevano fatto loro
proprio il concetto di Ulpiano, per il quale il diritto naturale era quello a
cui la natura aveva ammaestrato tutti gli esseri viventi, per cui la legge
divina coincideva con la legge naturale. Questo diritto naturale viene
identificato dal decreto di Graziano con “Ciò che nella Legge dell’Antico
Testamento e nel Vangelo è contenuto” e Durante tutto il medioevo fino al Concilio Vaticano I,
In questo tempo nasce il Purgatorio, che permette di graduare
meglio colpa e castigo, così che il Papa sostituendosi a Dio può concedere la
grazia e cancellare la pena come un sovrano. Innocenzo 3° stabilisce la norma
della confessione almeno una volta l’anno (questa non giunge nuova), e la
confessione obbligata col proprio sacerdote, in modo tale che ogni cristiano
potesse essere sottoposto nel foro interno della sua coscienza al proprio
superiore ecclesiastico. Questo tentativo fortunatamente fallì, ma all’inizio
del 1300 nacque la “Penitenzeria romana” e il “Tribunale dell’Inquisizione”,
per giudicare l’eresia esterna e la simonia interna, per smascherare i
peccati occulti, e dove anche le colpe più lievi erano strappate con la
tortura. Si ha così una piena commistione dei crimini e dei peccati,
tutto viene visto come una grave mancanza verso l’autorità costituita. Nasce
il delitto di Lesa Maestà e una sorta di Ragion di Chiesa prima della Ragion
di Stato moderna. E come pena per quel crimine c’era la morte, per gli eretici
al rogo, ma anche la confisca dei beni per i discendenti, che andavano così a
impinguare la gloria di santa romana chiesa. Per fortuna nel corso dei secoli
questo disegno demoniaco di unificare la giustizia di Dio e quella degli
uomini sotto la giustizia unica della chiesa, fallisce, e questo fallimento,
dice Paolo Prodi, è l’inizio della salvezza, perché nello sviluppo di questa
dialettica nasceranno le moderne costituzioni laiche degli stati europei, e
la religione tenterà di uscire dal fondamentalismo e dalla shari’a islamica in cui sembrava
avviata. Foro ecclesiastico e foro civile si separano definitivamente, così
come trovano distinguo necessari la coscienza e la legge umana. Come dice il Vangelo la giustizia divina è immune dal potere,
e non si pone al bivio tra premio e castigo, bene e male, vita e morte, non
punisce il male col male, suo scopo non è il giudizio ma la giustificazione,
il divino paradosso cioè rendere Giusto l’Ingiusto, e il peccato non è una
infrazione ad una legge morale ma mettersi altrove dell’amore di Dio e dei
fratelli. Nel 16° e nel 17° secolo Dio fu gettato sui campi di battaglia come
trofeo da aggiudicarsi, come Signore della Legge e non della grazia e della
pace, un Dio che regnava grazie al peccato e contro il quale Bonhoeffer
protesterà, ”Dio non approfitta dei nostri peccati, ma sta al centro della
nostra vita”. Chiudo qui questo sunto di alcune pagine del bel libro di
Raniero |
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