Filosofia
L'Umana realizzazione
L'uomo è un’entità bio-psico-intellettiva, cioè una
realtà biologica in cui agisce una realtà psico-intellettiva.
Quest’ultima dà a tale
entità la possibilità di "avvertirsi" come "altro" dal
suo essere corpo o materia, cioè avvertirsi come essere meta-fisico,
appartenente anche ad un mondo non fisico. Quest'altra natura
dell'uomo, però, è una possibilità, un poter essere, un qualcosa che
deve essere realizzato (attuato o concretizzato nella storia) con i mezzi che gli sono propri e che sono quelli del suo essere bio-psico-intellettivo.
L'uomo
tutt'intero è dunque questa realtà nella tensione
verso la realizzazione in sé della propria umanità. Tale realizzazione avviene
mediante le leggi della vita morale, cioè di
un dettato che l'uomo trova in se stesso, perché è il semplice svolgersi della
sua stessa umanità. La vita morale non ha bisogno di apparati
che la giustifichino o ne determinino lo statuto. L'uomo riesce ad
avvertirla. Basta che si volga dentro di sé ed "ascolti" (si dice
"ascoltare la voce della coscienza"), senza camuffamenti, però. Da
ciò si deduce che la realizzazione dell'umanità
nell'uomo non può avvenire per imposizione dall'esterno. Nello stadio inferiore lo
sviluppo (evoluzione) è avvenuto motu
proprio, attraverso una forza impersonale (l'istinto). Nello stadio umano
invece l'uomo è tale solo per cosciente sviluppo interiore. A questa umana
possibilità si può far riferire l'alito
che Dio mise in Adamo quando rese quell'essere a sua immagine e somiglianza. L'uomo è quindi essenzialmente essere
morale, cioè "dover essere", aperto ad
infinite realizzazioni, quindi libero di "poter essere". La morale
dunque non è staccata dalla umanità. L'imperativo categorico kantiano
è l'imperativo dell'umanità che chiede di essere realizzata in noi, ma è un
imperativo aperto sulla libertà, non determina cioè
quello che possiamo essere. Se lo trasgrediamo
usciamo dalla nostra umanità, trasgrediamo il nostro statuto, pecchiamo,
facciamo un'azione di non umanità. Per non trasgredirlo dobbiamo
immettere la voce dell'istinto (di ciò che abbiamo in comune con l'animalità)
nella prospettiva del nostro "poter
essere", cioè nell'ampia possibilità di realizzazione. Non è necessario attingere
razionalmente la nostra realtà metafisica poiché
l'avvertiamo come mai soddisfatta tensione verso una pienezza, che è
quella dell'essere. Kant dice: "La
ragione umana non è fornita di ali siffatte da poter
fendere le alte nubi che velano ai nostri occhi i segreti dell'altro
mondo" (in I sogni di un visionario spiegati con i sogni della
metafisica). Non possiamo
infatti arrivare con la ragione, che opera su di un altro piano e ha
leggi diverse, a ciò che si deve solo sentire. Ma
il sentire fa parte dell'uomo, è un attingimento
diverso. Questo mondo che si sente,
in più ci attira (il kantiano motore immobile) ma
siamo noi che dobbiamo andare verso di lui. E così
facendo cresciamo di realtà meta-fisica o spirituale. Questo è il motore della evoluzione umana. Al richiamo metafisico
(il kantiano imperativo categorico) ci vuole adesione incondizionata (che è
una categoria della fede) cioè apertura ad ogni
realizzazione, affinché il nostro punto al centro della sfera delle nostre
realizzazioni trovi un indirizzo. L'imperativo categorico non
chiede adesione razionale anche se non la esclude.
Questa è infatti un "aver chiaro ciò che si
deve realizzare" in tal modo il comportamento dell'uomo sarebbe
"determinato". La determinazione non è una legge della realtà
spirituale che è libertà assoluta, pienezza di possibilità, angolo a 360°, centro. La realtà metafisica o spirituale
non si attualizza con le leggi della determinazione, né razionale né fisica. Inoltre la dialettica dello
spirito (o dialettica della umana realizzazione) non
muove da un mondo chiaro e distinto. Il bene e il vero non appaiono mai a noi
nella pienezza, perché siamo anche materia che oscura quella visione, perciò
il bene e il vero possono essere solo sentiti, essere poli di
attrazione (cioè valori). La dialettica delle
spirito è essenziale perché fonda la libertà umana, l'unicità umana,
il valore dell'uomo. In base ad essa noi possiamo
essere ciò che siamo ed altro, possiamo essere tutto o niente. La via della realizzazione
umana sta dunque dentro di noi, basta aderire al senso profondo dell'uomo per
scoprirla. Croce dice, che l'unica forza di
cui l'uomo può usufruire è la "forza volitiva che è concretezza, che è
coraggio, che è amore alla vita", che è attività, è cioè
la "forza etica" che vince "la tendenza utilitaria". Tutto questo è perseguito nella
sofferenza della caduta, della sconfitta, della rinunzia, dell'amore, come
Cristo ci insegna; ed è una conquista di pienezza, è
la conquista del Regno dello Spirito ove si accede o col quale si resta dopo
che si è consumato il nostro essere biologico. (M. De Maio, Uomo e moralità. Riflessioni. 1991) |
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