Da F. Capra, Il Tao della fisica

 

 

AL DI LÀ DEL MONDO DEGLI OPPOSTI

 

 

UNITÀ CHE TUTTO COMPRENDE

Quando i mistici orientali ci dicono che essi percepiscono tutte le cose e tutti gli eventi come manifestazioni di una fondamentale unicità, ciò non significa che essi asseriscano che tutte le cose sono uguali. Essi riconoscono l'individualità delle cose, ma nello stesso tempo sono consapevoli che tutte le differenze e tutti i contrasti sono relativi, all'interno di un'unità che tutto comprende. Poiché nel nostro stato di coscienza normale questa unità di tutti i contrasti – e in particolare l'unità degli opposti – è estremamente difficile da accettare, essa costituisce uno degli aspetti più sconcertanti della filosofia orientale. Tuttavia è un'intuizione che sta alle radici stesse della concezione orientale del mondo.

Gli opposti sono concetti astratti che appartengono al mondo del pensiero e in quanto tali sono relativi. Con il solo atto di concentrare la nostra attenzione su un qualsiasi concetto noi creiamo il suo opposto. Come dice Lao-tzu, «tutti nel mondo riconoscono il bello come bello; in questo modo si ammette il brutto. Tutti riconoscono il bene come bene; in questo modo si ammette il non-bene». Il mistico trascende questo mondo dei concetti intellettuali, e nel trascenderlo diventa consapevole della relatività e del rapporto polare di tutti gli opposti. Egli si rende conto che buono e cattivo, piacere e dolore, vita e morte non sono esperienze assolute che appartengono a categorie diverse, ma sono semplicemente due facce della stessa realtà: le parti estreme di un tutto unico. Raggiungere la consapevolezza che tutti gli opposti sono polari, e quindi costituiscono un'unità, è considerato nelle tradizioni spirituali dell'Oriente una delle più alte mete dell'uomo. «Sii eterno nella verità, al di là delle opposizioni terrene» è il consiglio di Krsria nella Bhagavad Gita, e lo stesso consiglio viene dato ai seguaci del Buddhismo. Per esempio, D.T. Suzuk iscrive:

 

«L'idea fondamentale del Buddhismo è di superare il mondo degli opposti, un mondo costruito dalle distinzioni intellettuali e dalla corruzione delle emozioni, e di comprendere il mondo spirituale della non-distinzione, che comporta il conseguimento di un punto di vista assoluto».

 

L'intero insegnamento buddhista  - e di fatto tutto il misticismo orientale -  ruota attorno a questo punto di vista assoluto che viene raggiunto nel mondo di a-cintya , o «non-pensiero», nel quale l'unità di tutti gli opposti diviene una esperienza viva. Dice una poesia Zen:

 

Al crepuscolo il gallo annunzia l'aurora;

A mezzanotte, il sole risplendente.  

 

EQUILIBRIO DINAMICO degli opposti

L'idea che tutti gli opposti sono polari  - che luce e buio, vincere e perdere, buono e cattivo sono soltanto differenti aspetti dello stesso fenomeno - è uno dei princìpi fondamentali del modo di vita orientale. Poiché tutti gli opposti sono interdipendenti, il loro conflitto non può mai finire con la vittoria totale di uno dei poli, ma sarà sempre una manifestazione dell'azione reciproca tra l'uno e l'altro polo. In Oriente, una persona virtuosa non è perciò quella che affronta l'impossibile compito di battersi per il bene e di sconfiggere il male, bensì quella che è capace di mantenere un equilibrio dinamico tra il bene e il male.

Questa idea di equilibrio dinamico è essenziale per il modo in cui l'unità degli opposti è sperimentata nel misticismo orientale. Non è mai un'identità statica, ma sempre un'interazione dinamica tra d u e estremi. Questo punto è stato messo in evidenza in modo particolarmente ampio dai saggi cinesi con il loro simbolismo dei poli archetipici yin e yang. All'unità soggiacente allo yin e allo yang essi davano il nome di Tao e la consideravano come un processo che determina la loro azione reciproca: «Quello che fa comparire una volta l'oscuro ed una volta il chiaro, è il Senso [il Tao]».

 

 

 

Unità dinamica degli opposti polari

 

 

 

L'unità dinamica degli opposti polari può essere illustrata con il semplice esempio di un moto circolare e della sua proiezione. Si consideri un punto che si muove lungo una circonferenza. Se questo movimento viene proiettato su uno schermo, esso diventa una oscillazione tra due punti estremi. Il punto gira sulla circonferenza con velocità costante, ma nella proiezione rallenta quando raggiunge le estremità, inverte il moto e quindi accelera di nuovo, poi rallenta ancora una volta e così via, in cicli senza fine. In ogni proiezione di questo tipo, il moto circolare apparirà come un'oscillazione tra due punti opposti, ma nel movimento stesso gli opposti sono unificati e superati. Questa immagine di una unificazione dinamica degli opposti era in realtà profondamente radicata nella mente dei pensatori cinesi, come si può vedere dal passo del Chuang-tzu già citato:

 

«Che l'"io" e l'"altro" non siano più in contrapposizione è la vera essenza del Tao. Solo questa essenza, che appariva come un asse, è il centro del cerchio che risponde ai mutamenti perenni».

 

IL MASCHILE E IL FEMMINILE

Una delle principali polarità della vita è quella tra il lato femminile e quello maschile della natura umana. Come succede con la polarità tra buono e cattivo o tra vita e morte, tendiamo a sentirci a disagio di fronte alla polarità maschio/femmina che è in noi stessi, e siamo quindi portati a dare risalto a uno o all'altro di questi aspetti. La società occidentale ha tradizionalmente favorito più l'aspetto maschile che quello femminile. Invece di riconoscere che la personalità di ogni uomo e di ogni donna è il risultato di una azione reciproca tra l'elemento maschile e quello femminile, essa ha stabilito un ordine statico in cui si suppone che tutti gli uomini siano maschili e tutte le donne femminili, e ha assegnato all'uomo i ruoli guida e la maggior parte dei privilegi della società. Questo atteggiamento si è tradotto in una eccessiva importanza data a tutti gli aspetti yang  - o maschili -  della natura umana: attività, pensiero razionale, competitività, aggressività, e così via. Le modalità di coscienza yin  - o femminili - che possono essere descritte con termini quali intuitivo, religioso, mistico, occulto o psichico, sono state costantemente soffocate nella nostra società di tendenze maschiliste.

Nel misticismo orientale, queste modalità femminili vengono sviluppate e si cerca di realizzare un'unità tra i due aspetti della natura umana. Un essere umano pienamente realizzato è quello che, secondo le parole di Lao-tzu, «sa d'esser maschile e si mantiene femminile». In molte tradizioni orientali, l'equilibrio dinamico tra le modalità di coscienza maschile e femminile è lo scopo principale della meditazione ed è spesso illustrato in opere artistiche. Una stupenda scultura di Siva nel tempio indù di Elephanta presenta tre facce del dio: sulla destra, il suo profilo maschile che mostra virilità e forza di volontà; a sinistra, il suo aspetto femminile - dolce, affascinante, seducente -  e nel centro la sublime unione dei due aspetti nella magnifica testa di Siva Maheśvara, il Grande Signore, che irradia serena tranquillità e distacco trascendente. Nello stesso tempio, Siva è anche rappresentato in forma androgina, metà uomo, metà donna; i movimenti sinuosi del corpo del dio e il sereno distacco della sua faccia simboleggiano, di nuovo, l'unificazione dinamica del maschio e della femmina.

Nel Buddhismo tantrico, la polarità maschio/femmina è spesso illustrata con l'aiuto di simboli sessuali. La saggezza intuitiva è vista come la qualità passiva, femminile, della natura umana, l'amore e la compassione come la qualità attiva, maschile, e l'unione di entrambe nel processo di illuminazione è rappresentata con estatici amplessi sessuali di divinità maschili e femminili. I mistici orientali affermano che si può avere l'esperienza dell'unione della propria mascolinità e della propria femminilità solo quando si è raggiunto un livello superiore di coscienza, nel quale il mondo del pensiero e del linguaggio è trasceso e tutti gli opposti appaiono come un'unità dinamica.

 

L’UNIONE DEGLI OPPOSTI NELLA FISICA MODERNA

Ho già sostenuto che un livello di questo genere è stato raggiunto nella fisica moderna. L'esplorazione del mondo subatomico ha rivelato una realtà che continuamente trascende il linguaggio e il ragionamento, e l'unificazione di concetti che finora erano sembrati opposti e non conciliabili risulta essere una delle più sorprendenti caratteristiche di questa nuova realtà. Questi concetti apparentemente inconciliabili non sono generalmente gli stessi di cui si occupano i mistici orientali - sebbene talvolta lo siano - ma la loro unificazione a un livello di realtà non ordinario corrisponde all'unificazione di cui parla il misticismo orientale. I fisici moderni dovrebbero perciò essere in grado di raggiungere una comprensione profonda di alcuni dei principali insegnamenti dell'Estremo Oriente col metterli in relazione con le esperienze che essi hanno nel loro specifico settore di studio. In effetti, un piccolo ma crescente numero di giovani fisici ha trovato così il più valido e stimolante approccio al misticismo orientale.

Nella fisica moderna, esempi di unificazione di concetti opposti si possono trovare a livello subatomico, dove le particelle sono sia distruttibili sia indistruttibili, dove la materia è sia continua sia discontinua e dove forza e materia sono soltanto aspetti diversi dello stesso fenomeno. In tutti questi esempi, che verranno esaminati ampiamente nei prossimi capitoli, risulta che lo schema dell'opposizione dei concetti, derivata dalla nostra esperienza quotidiana, è troppo ristretto per il mondo delle particelle subatomiche.

La teoria della relatività è fondamentale per la descrizione di questo mondo e nel contesto «relativistico» i concetti classici sono superati nel passaggio a un numero superiore di dimensioni, lo spazio-tempo quadridimensionale. Gli stessi concetti di spazio e di tempo, che erano sembrati completamente distinti, sono stati unificati nella fisica relativistica. Su questa unità fondamentale si basa l'unificazione dei concetti opposti ricordata sopra. Come avviene per l'unità degli opposti di cui fanno esperienza i mistici, essa si verifica ad un «livello superiore», cioè con una ulteriore dimensione, e si presenta come una unità dinamica, perché lo spazio-tempo relativistico è una realtà intrinsecamente dinamica nella quale gli oggetti sono anche processi e tutte le forme sono configurazioni dinamiche.

Per rendersi conto di come si realizza l'unificazione di entità apparentemente separate quando si aggiunge un'ulteriore dimensione non è strettamente necessaria la teoria della relatività, in quanto tale unificazione può anche essere sperimentata passando da una a due dimensioni, oppure da due a tre. Nell'esempio precedente del moto circolare e della sua proiezione, i poli opposti dell'oscillazione in una dimensione (lungo una linea) sono unificati nel moto circolare in due dimensioni (su un piano). Il disegno rappresenta un altro esempio, che comporta il passaggio da due a tre dimensioni. Esso mostra un anello a forma di «ciambella» tagliato orizzontalmente da un piano. Nelle due dimensioni di quel piano, la sezione appare composta da due dischi completamente separati, ma in tre dimensioni questi dischi appaiono come parti di un unico oggetto. In modo analogo, entità che sembrano separate e non conciliabili vengono unificate, nella teoria della relatività, col passaggio da tre a quattro dimensioni. Il mondo quadridimensionale della teoria della relatività è il mondo nel quale forza e materia sono unificate; in esso la materia può apparire sotto forma di particelle discontinue o come campo continuo. In questi casi, tuttavia, non possiamo più visualizzare efficacemente tale unità. I fisici possono «fare esperienza» del mondo quadridimensionale dello spazio-tempo attraverso il formalismo matematico astratto delle loro teorie, ma la loro immaginazione visiva  - come quella di qualsiasi altra persona - è limitata al mondo tridimensionale dei sensi. Gli schemi del nostro linguaggio e del nostro pensiero si sono sviluppati in questo mondo tridimensionale e perciò troviamo estremamente difficile trattare la realtà quadridimensionale della fisica relativistica.

 

 

 

ESPERIENZA DELLA REALTÀ MULTIDIMENSIONALE

I mistici orientali, d'altra parte, sembrano in grado di percepire direttamente e concretamente una realtà multidimensionale. Nello stato di profonda meditazione essi trascendono il mondo tridimensionale della vita quotidiana e avvertono una realtà completamente diversa, nella quale gli opposti sono unificati in un tutto organico. Quando i mistici tentano di esprimere questa esperienza con parole, si trovano di fronte agli stessi problemi dei fisici che tentano di interpretare la realtà multidimensionale della fisica relativistica. Ecco come si esprime il Lama Govinda:

 

« ... si raggiunge un'esperienza di dimensionalità superiore attraverso l'integrazione delle esperienze di centri e di livelli di coscienza diversi. Di qui l'indescrivibilità di certe esperienze di meditazione sul piano della coscienza tridimensionale e nell'ambito di un sistema di ragionamento che riduce le possibilità di espressione, imponendo ulteriori limiti al processo del pensiero».

 

ONDA E PARTICELLA

Il mondo quadridimensionale della teoria della relatività non è l'unica situazione della fisica moderna nella quale concetti apparentemente contraddittori e inconciliabili si rivelano nient'altro che differenti aspetti della stessa realtà. Forse il caso più noto di tale unificazione di concetti contraddittori è quello dei concetti di particella e di onda nella fisica atomica.

A livello atomico, la materia ha un aspetto duale: si manifesta come particella e come onda. L'aspetto che essa presenta dipende dalla situazione: in alcuni casi predomina l'aspetto corpuscolare, in altri quello ondulatorio; e questa natura duale è tipica anche della luce e di tutte le altre radiazioni elettromagnetiche. La luce, per esempio, è emessa e assorbita sotto forma di «quanti», o fotoni, ma quando viaggiano attraverso lo spazio queste particelle di luce appaiono come campi elettrici e magnetici variabili che presentano tutti i comportamenti caratteristici delle onde. Normalmente, gli elettroni sono considerati particelle, eppure quando un fascio di queste particelle viene fatto passare attraverso una fenditura sottile esso viene diffratto proprio come un raggio di luce; in altre parole, anche gli elettroni si comportano come onde.

 

 

 

Questo aspetto duale della materia e della radiazione è in effetti estremamente sconcertante e ha dato origine a molti dei «koan quantistici» che hanno portato alla formulazione della teoria dei quanti. La rappresentazione di un'onda che è sempre estesa nello spazio è fondamentalmente diversa da quella di una particella che implica una posizione precisa. Ci volle molto tempo perché i fisici accettassero il fatto che la materia si manifesta in modi che sembrano escludersi a vicenda: che le particelle sono anche onde e le onde sono anche particelle.

 

Esaminando i due disegni, un profano potrebbe forse pensare che sia possibile risolvere la contraddizione dicendo che il disegno a destra rappresenta semplicemente una particella che si muove seguendo una forma d'onda. Tuttavia, questa considerazione nasce dall'aver frainteso il concetto di onda. In natura non esistono particelle che si muovono seguendo forme d'onda. In un'onda sull'acqua, per esempio, le particelle d'acqua non si spostano con l'onda ma si muovono circolarmente mentre l'onda si propaga. Analogamente, le particelle d'aria in un'onda acustica oscillano soltanto avanti e indietro, ma non si propagano insieme con l'onda. Ciò che viene trasportato dall'onda è la perturbazione che provoca il fenomeno ondulatorio, ma non particelle materiali. Nella meccanica quantistica, perciò, non ci riferiamo alla traiettoria di una particella quando diciamo che la particella è anche un'onda. Ciò che intendiamo è che la forma d'onda nel suo insieme è una manifestazione della particella. La rappresentazione di onde che si propagano è quindi totalmente diversa da quella di particelle in moto; tanto differente, per usare le parole di Victor Weisskopf, «quanto l'idea di onde in un lago rispetto a quella di un banco di pesci che nuotano nella stessa direzione».

 

 

I fenomeni ondulatori si incontrano in tutta la fisica in un gran numero di situazioni diverse, e in ciascun caso possono essere descritti con il medesimo formalismo matematico. Si usano le stesse espressioni matematiche per descrivere un'onda luminosa, una corda di chitarra che vibra, un'onda acustica, o un'onda sull'acqua. Nella meccanica quantistica, queste stesse espressioni vengono usate per descrivere le onde associate alle particelle; in questo caso, tuttavia, le onde sono molto più astratte. Esse sono strettamente legate alla natura statistica della meccanica quantistica, cioè al fatto che i fenomeni atomici possono essere descritti solo in termini di probabilità. L'informazione sulle probabilità di una particella è contenuta in una quantità chiamata funzione di probabilità e la forma matematica di questa quantità è quella di un'onda, cioè essa è simile alle espressioni usate per la descrizione di altri tipi di onde. Le onde associate alle particelle, tuttavia, non sono onde tridimensionali reali», come le onde sull'acqua o le onde acustiche, ma sono «onde di probabilità», quantità matematiche astratte legate alle probabilità di trovare le particelle in vari punti e con varie proprietà.

L'introduzione delle onde di probabilità risolve, in un certo senso, il paradosso delle particelle che si comportano come onde, ponendolo in un contesto completamente nuovo, ma nello stesso tempo porta a un'altra coppia di concetti opposti che è persino più fondamentale, quella dell'esistenza e della non-esistenza. Anche questa coppia di opposti è superata dalla realtà atomica. Non possiamo mai dire che una particella atomica esiste in un dato punto, né che non esiste. Essendo una distribuzione di probabilità, la particella ha tendenza a esistere in luoghi diversi e quindi manifesta uno strano tipo di realtà fisica tra l'esistenza e la non-esistenza. Perciò non possiamo descrivere lo stato di una particella in termini di concetti rigidamente opposti. In un dato punto, la particella non è né presente, né assente; non cambia la sua posizione, ma nemmeno rimane in quiete. Ciò che muta è la distribuzione di probabilità e quindi la tendenza della particella ad esistere in dati luoghi. Per usare le parole di Robert Oppenheimer:  

 

«Per esempio, alla domanda se la posizione dell'elettrone resti sempre la stessa, dobbiamo rispondere "no"; alla domanda se la posizione dell'elettrone cambi col passare del tempo, dobbiamo rispondere "no"; alla domanda se esso sia fermo, dobbiamo rispondere "no"; alla domanda se esso sia in movimento, dobbiamo rispondere "no"».

 

La realtà del fisico atomico, come la realtà del mistico orientale, trascende lo schema ristretto dei concetti opposti. Perciò le parole di Oppenheimer ci sembrano riecheggiare quelle delle Upanişad:

 

«Costui si muove, Costui non si muove; Costui è lontano, Costui è vicino; Costui è all'interno di questo Tutto, Costui è anche all'esterno di questo Tutto».

 

ESISTENZA E NON ESISTENZA

Forza e materia, particelle e onde, movimento e quiete, esistenza e non-esistenza: questi sono alcuni dei concetti opposti o contraddittori che sono stati superati nella fisica moderna. Di tutte queste coppie di opposti, l'ultima sembra essere la più fondamentale, eppure nella fisica atomica dobbiamo andare addirittura al di là dei concetti di esistenza e di non-esistenza. Questo è l'aspetto della meccanica quantistica più difficile da accettare e che sta al centro della continua discussione sulla sua interpretazione. Nello stesso tempo, il superamento dei concetti di esistenza e di non-esistenza è anche uno degli aspetti più sconcertanti del misticismo orientale.

Come i fisici atomici, i mistici orientali si occupano di una realtà che si trova al di là dell'esistenza e della non-esistenza, ed essi mettono frequentemente in risalto questo fatto importante. Così si esprime Aśvaghosa:

 

 «L'essenza assoluta non è né ciò che è esistenza, né ciò che è non-esistenza, né ciò che è a un tempo esistenza e non-esistenza, né ciò che non è a un tempo esistenza e non-esistenza».

 

Posti di fronte a una realtà che giace al di là della opposizione dei concetti, i fisici e i mistici devono adottare un modo di pensare particolare, nel quale la mente non si fissa nello schema rigido della logica classica, ma continua a muoversi e spostare il suo punto di vista. Nella fisica atomica, per esempio, attualmente siamo abituati a usare sia il concetto di particella sia quello di onda nella nostra descrizione della materia. Abbiamo imparato a destreggiarci con queste due rappresentazioni, passando dall'una all'altra e viceversa, per essere all'altezza della realtà atomica. Questo è precisamente il modo di procedere dei mistici orientali quando cercano di interpretare la loro esperienza di una realtà al di là degli opposti.

 

Come dice il Lama Govinda, «il modo orientale di pensare consiste soprattutto nel girare intorno all'oggetto della contemplazione... un'impressione sfaccettata, cioè pluridimensionale che si forma dalla sovrapposizione di singole impressioni ottenute da punti di vista differenti».

 

Per vedere come in fisica atomica si possa passare dalla rappresentazione corpuscolare a quella ondulatoria e viceversa, esaminiamo più dettagliatamente i concetti di onda e di particella. Un'onda è una forma che vibra nello spazio e nel tempo. Possiamo osservarla in un dato istante di tempo e allora vediamo una figura periodica nello spazio, come nell'esempio seguente:

 

 

Questa forma d'onda è caratterizzata dall'ampiezza A, l'estensione della vibrazione, e dalla lunghezza d'onda L, la distanza tra due creste successive. In alternativa, possiamo invece osservare il moto di un punto definito dell'onda e vedremo allora un'oscillazione caratterizzata da una certa frequenza, cioè dal numero di volte che il punto oscilla su e giù in un secondo. Esaminiamo ora il concetto di particella. Secondo le idee classiche, una particella ha una posizione ben definita in qualsiasi istante, e il suo stato di moto può essere descritto in funzione della sua velocità e della sua energia cinetica. Le particelle che si muovono a velocità elevate hanno anche un'energia elevata. In realtà, i fisici si servono raramente della «velocità» per descrivere lo stato di moto della particella, ma usano piuttosto una grandezza chiamata «quantità di moto», definita come il prodotto della massa della particella per la sua velocità.

La meccanica quantistica associa le proprietà di un'onda di probabilità alle proprietà della particella corrispondente mettendo in relazione l'ampiezza dell'onda in un dato punto con la probabilità di trovare la particella in quel punto. Nei punti in cui l'ampiezza è grande, abbiamo un'alta probabilità di trovare la particella e dove l'ampiezza è piccola, anche la probabilità è piccola. Per esempio, l'onda della figura precedente ha la stessa ampiezza lungo tutta la sua lunghezza (si deve pensare che il disegno si prolunghi indefinitamente sia a destra che a sinistra) e quindi la particella si può trovare dovunque lungo l'onda con la stessa probabilità. (1)

 

1. In questo esempio, non bisogna pensare che sia più probabile trovare la particella nei punti in cui le onde hanno le creste, invece che in quelli dove si trovano i ventri. La figura statica dell'onda è semplicemente «l'istantanea» di una vibrazione continua durante la quale ogni punto lungo l'onda raggiunge la sommità di una cresta a intervalli periodici.

 

 

L'informazione sullo stato di moto della particella è contenuta nella lunghezza d'onda e nella frequenza dell'onda. La lunghezza d'onda è inversamente proporzionale alla quantità di moto della particella, il che significa che un'onda con piccola lunghezza d'onda corrisponde a una particella che si muove con una grande quantità di moto (e quindi con elevata velocità). La frequenza dell'onda è proporzionale all'energia della particella; un'onda con frequenza elevata indica che la particella ha grande energia. Nel caso della luce, per esempio, la luce viola ha un'alta frequenza e una piccola lunghezza d'onda e perciò è formata da fotoni con elevata energia ed elevata quantità di moto, mentre la luce rossa ha bassa frequenza e grande lunghezza d'onda, che corrispondono a fotoni di bassa energia e bassa quantità di moto.

 

foto

 

Un'onda estesa come quella del nostro esempio non ci dice molto riguardo alla posizione della particella corrispondente. Essa si può trovare dovunque lungo l'onda con la stessa probabilità. Molto spesso, tuttavia, abbiamo a che fare con situazioni in cui la posizione della particella è nota con una certa precisione, per esempio nella descrizione di un elettrone in un atomo. In tal caso, le probabilità di trovare la particella in vari punti devono essere confinate in una data regione di spazio. Al di fuori di questa regione le probabilità devono essere nulle. Ciò può essere ottenuto con una forma d'onda come quella del disegno che corrisponde a .una particella confinata nella regione X. Una figura di questo tipo viene chiamata pacchetto d'onda.' Essa è composta da molti treni d'onda indefinitamente estesi, con diverse lunghezze d'onda, che interferiscono l'uno con l'altro distruttivamente' al di fuori della regione X, cosicché l'ampiezza totale - e quindi la probabilità di trovare lì la particella - è zero, mentre invece dentro la regione X interferiscono in modo da formare la figura rappresentata nel disegno. Questa figura fa vedere che la particella si trova in qualche punto interno alla regione X, ma non ci permette di localizzarla ulteriormente. Per i punti interni alla regione X possiamo solo assegnare le probabilità per la presenza della particella. (È più probabile che la particella si trovi nella zona centrale, dove le ampiezze di probabilità sono grandi, e meno probabile che si trovi verso gli estremi del pacchetto d'onda, dove le ampiezze sono piccole). La lunghezza del pacchetto d'onda rappresenta quindi l'incertezza nella posizione della particella.

La proprietà importante di un pacchetto d'onda del genere è che esso non ha una lunghezza d'onda definita, cioè le distanze tra due creste successive non sono uguali lungo tutta la figura. C'è una dispersione in lunghezza d'onda che dipende dalla lunghezza del pacchetto d'onda; più è corto il pacchetto, più ampia è la dispersione. Ciò non ha nulla a che fare con la meccanica quantistica, ma deriva semplicemente dalle proprietà delle onde. I pacchetti d'onda non hanno una lunghezza d'onda definita. La meccanica quantistica entra in gioco quando associamo la lunghezza d'onda alla quantità di moto della particella corrispondente. Se il pacchetto d'onda non ha una lunghezza d'onda ben definita, la particella non ha una quantità di moto ben definita. Ciò significa che non solo c'è una incertezza nella posizione della particella, che corrisponde alla lunghezza del pacchetto d'onda, ma c'è anche una incertezza nella sua quantità di moto, prodotta dalla dispersione in lunghezza d'onda. Queste due incertezze sono interdipendenti, perché la dispersione in lunghezza d'onda (cioè l'incertezza della quantità di moto) dipende dalla lunghezza del pacchetto d'onda (cioè dall'incertezza della posizione). Se vogliamo localizzare la particella con maggiore precisione, cioè se vogliamo confinare il pacchetto d'onda in una regione più piccola, ciò porta a un aumento della dispersione in lunghezza d'onda e quindi a un aumento nell'incertezza della quantità di moto della particella.

La forma matematica precisa di questa relazione tra le incertezze nella posizione e nella quantità di moto di una particella è nota come principio di indeterminazione di Heisenberg. Esso indica che, nel mondo subatomico, non possiamo mai conoscere contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella con grandissima precisione. Quanto meglio conosciamo la posizione, tanto più incerta diventa la quantità di moto, e viceversa. Possiamo decidere di effettuare una misura precisa di una delle due quantità, ma allora resteremo completamente all'oscuro dell'altra. È importante comprendere, come è stato già posto in evidenza nel capitolo precedente, che questa non è una limitazione dovuta all'imperfezione delle nostre tecniche di misura, ma è una limitazione di principio. Se decidiamo di misurare con precisione la posizione della particella, essa semplicemente non ha una quantità di moto ben definita, e viceversa.

La relazione tra le incertezze nella posizione e nella quantità di moto della particella non è l'unica forma in cui si può esprimere il principio di indeterminazione. Analoghe relazioni valgono fra altre quantità, per esempio tra l'intervallo di tempo in cui avviene un processo atomico e l'energia in esso coinvolta. Ciò può essere visualizzato abbastanza facilmente rappresentando il nostro pacchetto d'onda non come una forma nello spazio, ma come una forma che vibra nel tempo. Quando la particella passa per un particolare punto di osservazione, le vibrazioni della forma d'onda in quel punto inizieranno con piccole ampiezze che aumenteranno e poi diminuiranno nuovamente fino a quando la vibrazione cesserà completamente. Il tempo impiegato dal passaggio di questa forma d'onda rappresenta l'intervallo durante il quale la particella attraversa il nostro punto di osservazione. Possiamo dire che il passaggio avviene in questo intervallo di tempo, ma non possiamo precisarlo ulteriormente. La durata del passaggio della vibrazione rappresenta quindi l'incertezza nella posizione temporale dell'evento.

Ora, come la forma spaziale del pacchetto d'onda non ha una lunghezza d'onda ben definita, la corrispondente oscillazione che vibra nel tempo non ha una frequenza ben definita. La dispersione in frequenza dipende dalla durata della forma d'onda e poiché la teoria quantistica associa la frequenza dell'onda all'energia della particella, la dispersione in frequenza corrisponde a una incertezza nell'energia della particella. L'incertezza nella posizione di un evento nel tempo risulta quindi collegata a una incertezza nell'energia allo stesso modo in cui una incertezza nella posizione di una particella nello spazio è collegata a una incertezza nella quantità di moto. Ciò significa che non possiamo mai conoscere con grande precisione sia l'istante nel quale avviene un evento sia l'energia in esso coinvolta. Eventi che avvengono entro un breve intervallo di tempo comportano una grande incertezza nell'energia; eventi che comportano una precisa quantità di energia possono essere individuati solo all'interno di un lungo intervallo di tempo.

L'importanza fondamentale del principio di indeterminazione consiste nel fatto che esso esprime i limiti dei nostri concetti classici in una precisa forma matematica. Abbiamo già osservato precedentemente che il mondo subatomico appare come una rete di relazioni tra le varie parti di un tutto unico. I nostri concetti classici, derivati dall'ordinaria esperienza macroscopica, non sono del tutto adeguati a descrivere questo mondo. Anzitutto, il concetto di una entità fisica distinta quale la particella è un'idealizzazione che non ha alcun significato fondamentale. Essa può essere definita solo in rapporto alle sue connessioni con il tutto, e queste connessioni sono di natura statistica: probabilità invece di certezze. Quando descriviamo le proprietà di un'entità di questo tipo in termini di concetti classici - come posizione, energia, quantità di moto, ecc. - troviamo che esistono coppie di concetti che sono in relazione tra di loro e che non possono essere definiti simultaneamente in modo preciso. Più forziamo uno dei concetti sull'oggetto fisico, più l'altro concetto diventa indeterminato, e la precisa relazione tra i due è espressa dal principio di indeterminazione.

Per permettere una migliore comprensione di questa relazione tra coppie di concetti classici, Niels Bohr ha introdotto l'idea di complementarità. Egli considerò la rappresentazione corpuscolare e quella ondulatoria come due descrizioni complementari della stessa realtà, ciascuna delle quali è solo parzialmente adeguata e con un limitato campo di applicazione. Ognuna delle due rappresentazioni è necessaria per dare una descrizione completa della realtà atomica, ed entrambe devono essere applicate entro i limiti fissati dal principio di indeterminazione.

Questa idea di complementarità è diventata un aspetto essenziale del modo col quale i fisici riflettono sulla natura e Bohr ha spesso suggerito che potrebbe essere un concetto utile anche fuori della fisica; in effetti la nozione di complementarità si è dimostrata estremamente utile duemilacinquecento anni fa.

Essa svolse un ruolo essenziale nel pensiero cinese antico che era basato sull'intuizione secondo la quale i concetti opposti stanno in rapporto polare, o complementare, l'uno rispetto all'altro. I saggi cinesi rappresentavano questa complementarità degli opposti con gli archetipi polari yin e yang e consideravano la loro interazione dinamica come l'essenza di tutti i fenomeni naturali e di tutte le situazioni umane.

 

Niels Bohr fu ben consapevole della corrispondenza tra il suo concetto di complementarità e il pensiero cinese. Durante una sua visita in Cina, nel 1937, quando la sua interpretazione della meccanica quantistica era già stata completamente elaborata, egli fu profondamente colpito dall'antica idea cinese di opposti polari, e da allora conservò un profondo interesse per la cultura orientale.

Dieci anni più tardi Bohr fu fatto nobile in riconoscimento dei suoi notevoli risultati scientifici e per gli importanti contributi alla vita culturale danese; e quando gli fu chiesto di scegliere un soggetto adatto al suo stemma, la sua scelta cadde sul simbolo cinese del T'ai Chi che rappresenta la relazione di complementarità degli archetipi opposti yin e yang. Scegliendo questo simbolo per il suo stemma assieme al motto Contraria sunt complemento (gli opposti sono complementari), Niels Bohr riconobbe una profonda armonia tra l'antica saggezza orientale e la scienza occidentale moderna.

 

 

 

 

 

 

 

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